Pian del Moro di Musto Carmelitano
- Fabio Riccio
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Non amo i vini che fanno legno fuori misura.
Troppe volte ho incrociato vini che con un equilibrato passaggio in legno sarebbero stati ottimi, trasformati in melasse alcoliche che solo vagamente esprimono e ricordano il vitigno da cui (dovrebbero…) avere origine, proprio a causa dell’imperante esasperazione dell’uso enologico del legno (o di sottoprodotti arricciolati, malauguratamente legali).
Far passare in legno, e non per poco, vini che il legno sarebbe meglio che non lo vedessero proprio, sembra la parola d’ordine…
Tralascio qui per buona creanza e perché non è il luogo, una bella chiacchierata sull’osmosi inversa, la gomma arabica e altre nefandezze…
Lo so: sono in minoranza.
Un certo tipo di critica e peggio ancora molti enologi & vignaioli che si riempiono la bocca della parola “terroir” (sempre a sproposito) venerano queste poco bevibili melasse, non lesinando parole ispirate a destra e manca per convincere il pianeta che questa è la “verità”, questo è il vino, almeno per loro…
Non per me.
Dicevamo…
Non amo i vini che fanno molto legno, ormai lo avete capito, quindi per tanti “eno-soloni”, quelli tutti belli belli & incravattati, sono un emarginato, un irregolare, un pericoloso passatista, uno che non capisce niente…
Invece… per onestà (mia) intellettuale devo dire che finalmente, e quando meno lo aspettavo, ho incrociato uno dei pochi casi di un vino passato in legno per un annetto (il resto in bottiglia) che mi ha fatto considerare che se si lavora “bene” e non si esagera, anche 12 mesi in legno (che legno poi? Primo, secondo, oppure ennesimo passaggio?) alias q.b. come dicono i farmacisti, può piacere e elargire sensazioni non scontate.
Evviva!
Eh… si, non smetto mai di dirlo, io nel vino prima di tutto cerco la piacevolezza e la capacità di andare dritto al cuore, di emozionare, solo dopo c’è la tecnica e tutto il resto. Sulla mia tavola voglio solo vini per cui l’aggettivo “bello”, e non “perfetto”, ci sta bene.
Pian del Moro 2011 Aglianico del vulture Musto Carmelitano
Etichetta.
Balzano all’occhio i 14° di alcol.
Non dimentichiamo che siamo in Basilicata mica in Alsazia, e hai voglia a fare vendemmie precoci alla disperata ricerca di certe forzose acidità fuori luogo, (da Musto Carmelitano non le fanno) che il sole lo stesso fa il suo lavoro…
Appena nel calice, il Pian del Moro come ogni Aglianico che si rispetti, sfodera un bel rosso rubino che vira al violaceo e netti archetti, allineati e ordinati, indice di alcol e glicerina, almeno quanto basta.
Bene.
Ma… è al naso che l’elegante forza di questo Aglianico stupisce.
Frutta rossa matura, lamponi e ciliegie molto oltre la maturazione, ma anche uno smorzato tocco di balsamico che inverte rotta verso la cannella.
Al primo sorso, ovviamente a palato libero da altri residui gustativi, parte subito un vento caldo che avvolge e non invade – qui è il bello… Qualche minuto nel calice, e il sapido e i tannini iniziano a gridare, eccome se gridano!
Il corpo, elegante e fastoso nello stesso tempo, è anche incredibilmente equilibrato (ossimoro?), e tornano anche alcune delle note fruttate che precedentemente al naso mi avevano stuzzicato.
Ora, a far da padrone, alternandosi sulla lingua a un che di fumigante, è una sorta di folata fresca (balsamico), che è il giusto cappello a un finale lungo, sorprendente e coinvolgente.
Un vino che si fa bere senza fatica, al contrario di altri passati in legno per lo stesso tempo.
Lo ribadisco.
Un vino che si fa’ voler bene anche da me, orco divoratore & demolitore di barriques, orco che non ama certe note che dona il legno (quando è legno…). Una impresa da non poco farmi amare, e tanto, un vino passato in legno per un periodo così lungo. Complimenti a Musto Carmelitano!
Nel Pian del Moro di Musto Carmelitano c’è classe e senso della misura, ma anche tanta, tanta piacevolezza e capacità di andare al cuore. Oltretutto, parliamo di un un vino estremamente pulito, cosa (in mia opinione) rara quando il nettare di Bacco incontra il legno per più di sei mesi.
Ora, chi pazientemente è arrivato fino a questo punto, non si spaventi per quel che leggerà…
Per chi non lo sapesse i vini di Musto Carmelitano si fregiano dell’aggettivo “naturale” (logicamente virgolettato per non incorrere negli strali della vigente legislazione…).
Come è possibile?
Un vino naturale che non ha le puzzette?
Non spande bufere di volatile?
Non manda fetore di ridotto come un pavimento di una vecchia cantina, e non è neanche ossidato?
Come fa un vino naturale ad essere così buono?
E’ buono, perché è buono, anzi: è bello!
Se… poi è fatto senza nessuna delle centinaia e più sostanze spesso dai nomi esoterici ammesse sia in vigna che in cantina, per me è molto meglio, anzi: è una discriminante!
Partiamo da questa (queste) ipotesi… Non dimentichiamo che l’azienda Musto Carmelitano fa parte dell’associazione Vinnatur, e i soli ingredienti in bottiglia sono uva fermentata, un po’ di zolfo, e tanto saper fare le cose per bene…
Musto Carmelitano
Via Pietro Nenni, 23
85020 Maschito (PZ)
Telefono e Fax 097.233312
Mobile 388 6069526 (Elisabetta)
Mobile 328 5777201 (Luigi)
info@mustocarmelitano.it
Interessato da più di venti anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale. Dal lontano 1998 collabora come autore alla guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, ha scritto sulla guida Le tavole della birra de l’Espresso, ha collaborato a diverse edizioni della guida Osterie d’Italia di Slow Food, ha scritto su Diario della settimana, su L’Espresso e su Cucina a sud. Scrive sulla rivista il Cuoco (organo ufficiale della federazione cuochi). Membro di molte giurie di concorsi enogastronomici. Ideatore e autore del sito www.gastrodelirio.it