Pizza&Falanghina al Pascià. La rivoluzione sannita

Il Direttore del Consorzio Nicola Matarazzo e Antonio Grasso Pizzaiolo

Pizza&Falanghina al Pascià. La rivoluzione sannita.

Parlare di autarchia in queste ore dopo l’annuncio dei dazi di Trump ha il sapore della sconfitta annunciata prima della battaglia, ma parlare di appartenenza e territorio è atto di valorizzazione di sé stessi.

Chi ha pensato che il progetto “Pizza&Falanghina”, lanciato 10 anni orsono dal Consorzio di Tutela dei vini del Sannio, fosse solo un esercizio gustativo o, peggio ancora, un tentativo di ancorare un prodotto di trend come la pizza con una realtà vitivinicola di rilievo nazionale, si sbagliava di grosso.

Se i miei conterranei capissero che il Sannio è l’area maggiormente vitata della Campania, che occupa 47 cantine, molte delle quali giovani ed innovative, 7900 imprenditori, 35.000 ettari di vigna, più di 1 milione di ettolitri di vino prodotto, probabilmente presenterebbero a tavola carte vini che partono dal nostro Sannio e poi esplorano altre pregevoli realtà italiane ed estere.

Invece no. Mi tocca di sfogliare carte e andarmi a cercare le solite “due cantine in croce” come se le falanghine fossero tutte uguali.

Ovviamente, fuori del nostro Sannio, siamo sempre assenti, salvo qualche appassionato. Se non ci valorizziamo prima noi come potremo mai esistere altrove?

Così mentre noi facciamo i fighetti mettendo etichette di altre provenienze in carta che potremmo considerare al pari del “cappuccino agli americani dopo gli spaghetti a vongole (con il parmigiano sopra!)” altri mettono in carta il proprio territorio in testa e lo valorizzano.

Sulla scorta di queste considerazioni da oggi, dove nel Sannio beneventano non troverò qualcosa del genere, la recensione lo evidenzierà negativamente. Ristoratore e Pizzaiolo avvisato…….

Pizza&Falanghina serve a far comprendere che la diversità del territorio sannita che muta ad ogni declivio, pianura o collina, offre lE falanghinE e non la falanghina.

Un chiaro esempio lo si è avuto la sera del 28 marzo scorso dove presso Il Pascià di Antonio Grasso 4 falanghine e un aglianico vinificato in rosato hanno ben accompagnato un fritto e 5 differenti pizze.

Non farò mistero che ero ospite e “giocavo in casa” conoscendo bene sia quasi tutte le pizze che il locale.

La serata organizzata e condotta in leggerezza, come si dovrebbe, faceva sì che ogni tavolo esprimesse un giudizio da 1 a 3 sulla validità dell’abbinamento prodotto e questo è il voto che riporterò del mio tavolo dove in mia compagnia vi era De Soccio (storico produttore di latticini della Valle Caudina) e l’ex Presidente della CCIAA.

La dimostrazione della grande capacità espressiva della falanghina la si è avuta subito con una spumantizzata metodo classico di Fontana Reale che ha retto egregiamente l’abbinamento con crocchè e frittatina meritando un secco 3 (ma non era in votazione questo abbinamento) e un 2 con la prima pizza che era una classica Marinara.

Marinara
Marinara

Una nota sulla pizza che era perfetta sia per quantità di condimento (la marinara deve avere pomodoro e olio extravergine in buona quantità) che per impasto. Quest’ultimo come da tradizione del locale sempre fragrante, profumato e scioglievole al punto da non generare nessuna sensazione di pienezza fino alla fine.

La falanghina spumantizzata, biologica prodotta a Benevento, con buon perlage e sentori di fiori di acacia marcati offriva un’ottima freschezza e complessità con una decisa persistenza forse un pochino al di sopra della marinara.

Falanghina
Falanghina

Sulla margherita che ha fatto seguito, perfetta anche questa nell’esecuzione e peraltro con un ottimo latticino sia per qualità che per resa in cottura, ci si è abbinato una falanghina ferma di “36 Casali”, giovane e dinamica cantina di Vitulano. Vino fresco con spalla acida e sentori complessi e persistenti. Uno dei due vini che mi ha maggiormente colpito.

Margherita
Margherita

Poi è stata la volta di “La mia Nerano”, versione del celebre piatto della omonima località in costiera ma con una nota personale data da uno speck e dalla stracciatella. Bella la scelta della doppia consistenza della crema di e le chips di zucchine. Un gioco molto bello tra dolce della crema, ricco della chips e ruffiano della stracciatella con lo speck a dare sapidità. In abbinamento altra falanghina, stavolta della Cantina Terrantiqua di Casalduni, Anche questa biologica, anche questa molto fresca e con ricca acidità accompagnata al naso da sentori avvolgenti di fiori bianchi. Voto abbinamento al tavolo 3.

La mia Nerano
La mia Nerano

Poi il momento della “4 Formaggi + 1”. Su questa pizza se c’è qualcuno che ha qualcosa da dire lo faccia o taccia per sempre. Pluripremiata e osannata a giusta ragione anche in quest’occasione ha mantenuto la promessa. In abbinamento una delle grandi espressioni della versatilità della falanghina passita “Libero – Particella F 190” del 2020 di Fontanavecchia di Torrecuso. Passito di grande struttura e profumi in perfetta sintonia con la pizza. Avremmo messo anche 4 se vi fosse stata la possibilità di farlo. Voto abbinamento 3.

4 formaggi +1
4 formaggi +1

A chiudere “la mia genovese” in abbinamento stavolta con un aglianico rosato “Lady Pink” di Cantine Tora di Torrecuso. Fresco il vino con sentori di frutta rossa estiva come amarene rosse e lamponi. Bella l’acidità complessiva.

La mia genovese
La mia genovese

Sulla pizza fatta con crema di genovese e parmigiano ed in uscita tartare di carne cruda e nocciole tostate sento di esprimere alcune consistenti riserve. Forse nel tentativo di destrutturare si è incorso nell’errore di virare eccessivamente verso un’estremizzazione che non ha aiutato. L’abbinamento meritava 2 ma la pizza la rivedrei cercando di “non spostare l’ago” troppo verso l’innovazione.

Qui si è fermata la serata ma sono tornato a casa con la consapevolezza che il Sannio è solo sconosciuto ed ha la colpa di vivere nell’oblio di chi ci vive, in una condizione di inferiorità psicologica figlia solo di quel mantra che “siamo tutti contadini”, rimanendo spesso lì seduti su una montagna d’oro a chiedere l’elemosina.

Cambierà, deve cambiare.

 

 

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    Di formazione classica sono approdato al cibo per testa e per gola sin dall’infanzia. Un giorno, poi, a diciannove anni è scattata una molla improvvisa e mi sono ritrovato sempre con maggior impegno a provare prodotti, ad approfondire argomenti e categorie merceologiche, a conoscere produttori e ristoratori. Da questo mondo ho appreso molte cose ma più di ogni altra che esiste il cibo di qualità e il cibo spazzatura e che il secondo spesso si mistifica fin troppo bene nel primo. Infinitamente curioso cerco sempre qualcosa che mi dia quell’emozione che il cibo dovrebbe dare ad ognuno di noi, quel concetto o idea che dovrebbe essere ben leggibile dietro ogni piatto, quella produzione ormai dimenticata o sconosciuta. Quando ho immaginato questo sito non l’ho pensato per soddisfare un mio desiderio di visibilità ma per creare un contenitore di idee dove tutti coloro che avevano piacere di parteciparvi potessero apportare, secondo le proprie possibilità e conoscenze, un contributo alla conoscenza del cibo. Spero di esservi riuscito. Il mio è un viaggio continuo che ho consapevolezza non terminerà mai. Ma è il viaggio più bello che potessi fare.

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