Progetto S.P.A.D.E, l’arma in difesa delle patate

Progetto S.P.A.D.E, l'arma in difesa delle patate

Progetto S.P.A.D.E, l’arma in difesa delle patate

Una nuova arma contro il nemico giurato delle patate: gli elateridi. Si chiama S.PA.D.E. e in realtà è un progetto di ricerca.

A condurlo è stata Ri.Nova.

Nell’ultimo anno e mezzo ha lavorato fianco a fianco con l’Università di Ferrara e altri sei partner.

(Agripat capofila del progetto, Astra Innovazione e Sviluppo, Consorzio della Patata Italiana di Qualità – Selenella, Dinamica, Azienda Agricola Luigi Marabini, Azienda Agricola Massimo Rigattieri).

Per cercare di trovare una soluzione sostenibile ed efficace contro quella che, ad oggi, è l’avversità da battere a tutti i costi se si vuole garantire un futuro alla pataticoltura.

“L’obiettivo di S.PA.D.E. (“Strategie innovative per la Difesa sostenibile della Patata contro gli Elateridi”) è quello di identificare una forma di difesa a basso impatto ambientale che integri diversi sistemi.

Sia fitoiatrici che agronomici, capaci di controllare efficacemente gli elateridi e i danni che le loro larve generano alla coltura della patata, incrementando al tempo stesso la fertilità del suolo – sottolinea Stefania Delvecchio, responsabile organizzativo del progetto per conto di Ri.Nova -.

Questo al fine di garantire un impatto positivo a livello sociale e assicurare il permanere della pataticoltura nelle zone tipiche di coltivazione, come l’Emilia-Romagna”.

 Gli elateridi, un problema da risolvere

La coltura della patata da sempre ricopre una particolare valenza economica nel contesto del sistema agricolo nazionale, riconducibile sia ai valori della PLV (produzione lorda vendibile), sia ad alcune sue caratteristiche produttive e commerciali.

Tuttavia, stando ai dati Istat, le superfici coltivate a patata dal 2020 ad oggi sono diminuite in tutto il Paese.

Nella nostra regione, ad esempio, si è passati dai 4.864 ettari del 2021 ai 3.927 ettari del 2023, con una resa media di 34,2 t/ha.

Un calo dovuto a più fattori ma in primis agli elateridi, divenuti sempre più numerosi e aggressivi a causa del cambiamento climatico, dell’inefficacia dei pochi prodotti fitosanitari rimasti a disposizione per contrastarli, di una gestione irrigua troppo spesso non idonea e infine della perdita di fertilità del suolo.

“Negli ultimi anni si è riscontrato un aumento della presenza di questo fitofago con casi di perdita di produzione fino al 70%, ai quali va aggiunto lo scarto dovuto alla presenza di marciumi di natura fungina – dichiara Riccardo Rocchi, coordinatore di Agripat -.

Il problema, ormai, si è diffuso in tutte le aziende agricole, e i danni coinvolgono anche il settore della patata da industria che in Emilia-Romagna conta circa 600-700 ettari di coltivazioni dedicate”.

Da qui la necessità di un progetto votato alla ricerca di nuovi metodi per affrontare il principale nemico delle patate: gli elateridi.

“Sono piccoli coleotteri le cui larve, di colore arancione e dalla tipica forma allungata e cilindrica, vivono nel terreno dove si spostano nei vari strati in funzione dell’umidità, della temperatura e delle fonti di cibo – spiega Stefano Civolani, dell’Università di Ferrara e responsabile scientifico del progetto -.

Queste larve sono responsabili di fori ed erosioni nei tuberi di patata, e rendono il prodotto non commercializzabile.

Attraverso il progetto S.PA.D.E. abbiamo studiato in maniera approfondita alcuni aspetti poco conosciuti degli elateridi.

In particolare la risalita verticale delle larve verso i tuberi.

Consentirà di ottimizzare l’impiego dei prodotti di difesa disponibili verso le larve in superficie, evitando interventi inutili quando sono irraggiungibili nelle profondità del terreno.

In secondo luogo abbiamo effettuato diverse prove per valutare l’efficacia di nuove tecniche e strategie integrate di difesa diretta a basso impatto che permettano di controllare il proliferare degli elateridi”.

 Tra viaggio di studio e numeri

Tra le azioni previste dal progetto va annoverato anche l’interessante viaggio di studio svoltosi in Belgio a Tournai (Kain).

Nell’ambito della Fiera PotatoEurope e al Centre Wallon de Recherches a Gembloux.

Allo scopo di visionare le innovazioni tecniche di coltivazione e dare l’opportunità a tutti gli attori della filiera (produttori e tecnici) di scoprire le ultime novità riguardanti le macchine per il trattamento dei tuberi, le prestazioni di raccolta e le linee di carico, anche grazie all’allestimento di campi dimostrativi.

Venendo ai numeri, S.PA.D.E. avrà ricadute importanti sul mondo della pataticoltura in termini produttivi, economici, ambientali e sociali.

In termini di PLV interessata dai risultati, ipotizzando che almeno il 50% della superficie coltivata dai soci di Agripat (2.000 ha) adotterà i risultati del progetto.

Ed auspicando un ritorno alla resa media di 45 t/ha e un equivalente sostegno al reddito del produttore tramite la partecipazione al Contratto Quadro della Regione Emilia-Romagna, si otterrà una ricaduta economica pari a circa 27 milioni di euro all’anno.

Fare patata, dunque, è ancora sostenibile?

“Il progetto – conclude Rocchi – ha valutato anche l’impatto economico degli investimenti che gli agricoltori affrontano per coltivare un ettaro di patate, che superano abbondantemente i 12.000 euro.

Inoltre, con i mezzi di difesa diretti e indiretti testati nel progetto, possiamo ipotizzare una riduzione del 30% dei danni causati dagli elateridi, che genererebbe un beneficio economico compreso tra 2,7 e 12,2 milioni di euro all’anno.

Infine, diminuendo gli input chimici grazie all’utilizzo di prodotti a basso impatto.

Come bioinsetticidi ed estratti naturali con potenziali attività repellenti.

Abbatteremo i rischi di inquinamento delle acque, limitando anche le possibili ripercussioni negative sulla salute dei produttori e dei consumatori finali.

I produttori sono tra i primi consumatori e gli abitanti.

Più prossimi ai luoghi dove si coltivano le patate.

Tutte le scelte che fanno sono eseguite con il pensiero di utilizzare al meglio i pochi prodotti efficaci che hanno attualmente a disposizione, per ottenere patate sane e buone”.

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