Quando Nixon mangiò l’anatra alla pechinese senza capirne l’importanza
- Giustino Catalano
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Se in Cina chiederete l’anatra alla pechinese aspettatevi un piatto importante che qui in Italia per le difficoltà di preparazione che vi esponemmo sabato scorso QUI va ordinata almeno con 24 ore di anticipo.
Vi arriverà un’anatra paffuta e lucida, con la sua pelle di un invitante caramello e completamente liscia.
Con un lungo coltello, lo chef taglierà le fette di pelle laccata e poi di succulenta carne, posandole ordinatamente su un piatto da portata.
Accanto vi saranno servite delle crespelle.
Le crespelle vengono prese da una pila in un cestino di bambù, unte con salsa Tianmian scura (qui la ricetta per farla), guarnite con fette di anatra e pezzi di porro e cetriolo e arrotolate, pronte da mangiare.
La pelle croccante, intinta nello zucchero bianco, si scioglie istantaneamente in bocca.
La combinazione è irresistibile: il profumo della carne e della pelle, il colpo saporito della salsa, il contrasto rinfrescante delle verdure. Questa è l’esperienza che si prova nel mangiare un’anatra laccata alla pechinese.
L’anatra alla pechinese è uno dei grandi piatti del mondo gastronomico ed è tanto un emblema di Pechino quanto la Città Proibita o le vecchie vie di Hutong dove è nata.
Sorprendentemente, però, è un’anomalia gastronomica in questa arida città del nord. La maggior parte dei piatti di anatra classici della Cina proviene dalla regione acquosa di Jiangnan intorno a Shanghai, dove le anatre nuotano nei campi di riso e nei laghetti e appaiono in prelibatezze come l’anatra salata di Nanjing e la zuppa di anatra di Hangzhou.
A Pechino, oltre al diffuso maiale e pollo, l’agnello è la carne locale più distintiva; l’anatra è un po’ trascurata. Ma per l’anatra alla pechinese, i locali fanno un’eccezione.
Si dice che il piatto sia nato nel 13° secolo a Hangzhou, non lontano da Shanghai.
L’anatra arrosto era uno dei cibi cucinati venduti porta a porta dai venditori ambulanti, ed è diventata una specialità di Nanjing, la prima capitale della dinastia Ming.
Ma solo dopo il 1420, quando l’imperatore Yongle trasferì la sua capitale a Pechino, che l’anatra arrosto trovò la sua strada nella città.
In origine, era conosciuta come “anatra arrosto di Jinling” (Jinling essendo un nome arcaico per Nanjing). Nel tempo, i cuochi di Pechino hanno allevato una varietà locale che è diventata nota per le sue penne bianche come la neve, la pelle sottile e la carne tenera ed è stata considerata molto superiore alle anatre di Nanjing.
Secondo il famoso e anziano chef di Pechino Ai Guangfu, nei primi tempi dell’anatra arrosto cinese, gli uccelli venivano arrostiti su una grande forchetta di metallo su un fuoco aperto. Ma nella capitale del sud, Nanjing, hanno iniziato a arrostirli in un “menlu” (un forno chiuso), in modo che se ne potessero cucinare di più contemporaneamente.
La tecnica del forno appeso è stata sviluppata dai cuochi delle cucine della Città Proibita, dove la famiglia imperiale Qing aveva una predilezione per le carni arrostite (i registri mostrano che, nel 1761, l’Imperatore Qianlong mangiò l’anatra arrosto otto volte in una quindicina di giorni).
Alla fine del XIX secolo, un ex commerciante di pollame di nome Yang Quanren la introdusse al pubblico di Pechino.
Dopo anni a gestire uno stand ambulante che vendeva anatre e polli, nel 1864 aprì il suo ristorante, il Quanjude, assumendo un team di ex chef del palazzo reale.
L’anatra arrosto del Quanjude, con la sua pelle dorata e la carne succosa, conquistò rapidamente i favori dell’alta società e dei letterati della città.
Il ristorante riuscì a sopravvivere all’invasione giapponese, alla guerra civile e alla Rivoluzione Culturale nel XX secolo, emergendo come uno dei marchi di punta di Pechino.
L’anatra viene servita in modo rituale.
È necessario utilizzare secondo questa ritualità un coltello particolare per tagliare l’anatra (pianya dao), con una lama lunga, sottile e rettangolare, per affettare l’anatra nei suoi diversi tagli: i pezzi di pelle pregiati, le fette di carne a mezzaluna con la pelle attaccata, la testa e le due strisce di carne che giacciono lungo la colonna vertebrale.
Si dice che uno chef esperto sia in grado di scolpire ogni anatra in più di 100 pezzi!
Normalmente si gusta prima la pelle, magari con una spruzzata di zucchero bianco (si proprio il nostro zucchero semolato), seguita dalla carne con tutti gli accompagnamenti, tra cui non solo una cesta di pancake, ma anche croccanti e vuote paste di semi di sesamo che possono essere riempite con fette di anatra.
Oltre al bianco porro di Pechino e al cetriolo, l’anatra può essere accompagnata da aglio tritato o verdure in salamoia.
Dopo il pasto, i resti della carne possono essere saltati in padella con germogli di fagioli mungo.
La maggior parte dei ristoranti prepara anche un brodo latteo usando le ossa e un po’ di cavolo cinese o melone d’inverno. I ristoranti di anatra più prestigiosi portano l’esperienza a estremi sorprendenti, offrendo un banchetto di anatra intera (quan ya xi), in cui le prelibatezze sono create da ogni parte della carcassa, dai cuori alle ghiandole.
Le catene di ristoranti che servono l’anatra alla pechinese
All’inizio degli anni 2000, una catena di ristoranti di anatra precedentemente di proprietà statale, appena privatizzata, fu ribattezzata col nome del suo carismatico e talentuoso capo chef, Dong Zhenxiang, noto come Da Dong (“Grande Dong”) a causa della sua notevole altezza.
I ristoranti Da Dong sono diventati un fenomeno, con il loro design sgargiante, i menu inventivi e i prezzi favolosamente alti, e Dong è diventato lo chef celebrità più acclamato della Cina.
Più di recente, i ristoranti di anatra Siji Minfu hanno dimostrato di essere un successo con uno stile più accessibile rispetto alla catena Da Dong. Queste catene sono ben presenti anche a Londra.
Alcuni gourmets cinesi lamentano quello che vedono come un declino degli standard, accusando vari famosi ristoranti di passare per anatre cotte al fuoco tradizionale del legno di frutta, quelle effettivamente cotte in forno.
Tuttavia, non c’è dubbio che il commercio florido di questa pietanza a diverse fasce di prezzo abbia reso questo grande piatto, una volta disponibile solo per l’élite, accessibile a una vasta sezione della società. A un secolo e mezzo dalla fondazione di Quanjude, l’anatra alla pechinese rimane un classico di Pechino.
Volendo tracciare un quadro cronologico di questo piatto potremmo indicare delle date simbolo.
1275: l’anatra arrosto viene menzionata nella descrizione della vita a Hangzhou del XIII secolo di Wu Zimu (allora conosciuta come Lin’an).
1403: L’imperatore Yongle della dinastia Ming trasferisce la sua capitale a Pechino, e la tradizione dell’anatra arrosto arriva con lui.
1761: I registri imperiali mostrano che l’imperatore Qianlong mangia l’anatra arrosto otto volte nel corso di 13 giorni primaverili.
1864: Il ristorante Quanjude di anatra arrosto viene fondato a Pechino da Yang Quanren.
1885: Il ristorante di anatra arrosto Bianyifang viene fondato a Pechino.
Anni ’70: Il premier cinese Zhou Enlai (da noi pronunziato Ciu en Lai) serve l’anatra alla pechinese a dignitari in visita, tra cui Henry Kissinger e Richard Nixon
In merito alla storica visita di Nixon in Cina sento il dovere di precisare che a mio avviso delle tante pregevolissime attenzioni che gli furono riservate probabilmente non ne comprese nemmeno una. Partendo dal tè, che gli fu donato proveniente da una pianta millenaria che ne dà soli 50 grammi l’anno, all’anatra alla pechinese che gli fu servita.
Di formazione classica sono approdato al cibo per testa e per gola sin dall’infanzia. Un giorno, poi, a diciannove anni è scattata una molla improvvisa e mi sono ritrovato sempre con maggior impegno a provare prodotti, ad approfondire argomenti e categorie merceologiche, a conoscere produttori e ristoratori.
Da questo mondo ho appreso molte cose ma più di ogni altra che esiste il cibo di qualità e il cibo spazzatura e che il secondo spesso si mistifica fin troppo bene nel primo.
Infinitamente curioso cerco sempre qualcosa che mi dia quell’emozione che il cibo dovrebbe dare ad ognuno di noi, quel concetto o idea che dovrebbe essere ben leggibile dietro ogni piatto, quella produzione ormai dimenticata o sconosciuta.
Quando ho immaginato questo sito non l’ho pensato per soddisfare un mio desiderio di visibilità ma per creare un contenitore di idee dove tutti coloro che avevano piacere di parteciparvi potessero apportare, secondo le proprie possibilità e conoscenze, un contributo alla conoscenza del cibo. Spero di esservi riuscito.
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