Quella forchetta che ci sembra esistita da tempo. Storia di un utensile considerato anche poco virile.
- Giustino Catalano
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di Giustino Catalano
L’uso di un forchettone a lancia per distribuire il cibo – in particolare la carne – è ben documentato già nell’età omerica e romana, come dimostra la precisa descrizione di Aulo Gellio nelle “Notti Attiche”, che lo definisce “una piccola lama oblunga fatta a forma di lingua“.
L’utilizzo era strettamente legato al mondo militare, mentre non era necessario per i contadini, che usavano legnetti, o per i benestanti, che erano serviti dagli Scissores (tagliatori di carne) e dagli Structores (dispensatori di vivande), progenitori dei rinascimentali Scalchi e Trincianti.
La prima attestazione dell’uso di una forchetta modernamente intesa, ovvero uno strumento personale per portare il cibo dal piatto alla bocca, ci viene tramandata da San Pier Damiani che racconta come la dogaressa Teodora, principessa bizantina, moglie del doge Domenico Selvo, non toccasse il cibo con le mani, ma lo prendesse in piccolissimi pezzetti con una forchettina d’oro a due rebbi e lo avvicinasse alla bocca con fare schizzinoso.
Questo episodio, databile intorno al 1077, è fortemente stigmatizzato dalla morale ecclesiastica, e per questo modo di comportarsi a tavola la principessa ricevette una “giusta” punizione divina e le sue carni andarono presto in cancrena.
Tuttavia questo nuovo “strumento diabolico” cominciò presto ad imporsi sulle tavole e nelle rappresentazioni iconografiche, anche cristiane. Ad esempio, nell’Ultima Cena rappresentata sulla Pala d’Oro di San Marco (1209) si possono notare due forchette e due coltelli destinati solo a Cristo e Pietro.
Nonostante le ammonizioni della Chiesa, l’uso della forchetta si diffuse presto e non solo tra i nobili e i ricchi borghesi ma addirittura, a partire dal Trecento, anche nelle taverne. In questo senso è interessante la celebre novella popolare del Sacchetti, scritta verso la fine del Trecento, in cui si racconta di un uomo che usa la forchetta per mangiare calde pietanze in una taverna.
A partire poi dal Quattrocento diventa sempre più comune ritrovare menzionate forchette personali in atti notarili di eredità di tutti i comuni d’Italia e nel rinascimento il diabolico strumento assume forme sempre più eleganti e raffinate, immortalato per sempre nei capolavori di Botticelli o del Perugino!
E Lorenzo de’ Medici, patrono di Botticelli, possedette ed utilizzò, a giudicare dall’inventario dei suoi beni ben 56 forchette! E a un’altra Medici spetta l’onore di aver esportato l’uso della forchetta in Francia e poi di lì in tutto il mondo dal Cinquecento alle nostre tavole.
Difatti fu la futura regina Caterina a insegnare l’uso della forchetta ai francesi. E si divertì molto quando a corte cominciarono a fare i conti con lo strano utensile che arrivava dall’Italia: “Nel portare la forchetta alla bocca, si protendevano sul piatto con il collo e con il corpo. Era uno vero spasso vederli mangiare, perché coloro che non erano abili come gli altri, facevano cadere sul piatto, sulla tavola e a terra, tanto quanto riuscivano a mettere in bocca”. Suo figlio, Enrico III, cercò di rendere obbligatorio l’uso della forchetta attraverso delle norme scritte.
Ma la nobiltà francese derise a lungo l’innovazione “effeminata” prima di cedere, definitivamente, all’innovazione venuta dall’Italia!
Un’ultima curiosità: non furono i conventi – come sarebbe facile pensare – l’ultima istituzione, cronologicamente parlando, a sdoganare l’uso delle forchette in quanto cominciarono ad usarla alla fine del Settecento; fu la Royal Navy di Sua Maestà che si aprì all’uso della forchetta solo agli inizi del Novecento. Leggiamo infatti, ancora in un regolamento del 1897, che ‘l’uso della forchetta è proibito in quanto pregiudizievole alla disciplina ed al comportamento virile’ anche se nel Museo Reale di Greenwich si conserva una forchetta con una piccola lama congiunta ai rebbi che sarebbe stata costruita apposta per l’ammiraglio Nelson dopo la battaglia di Tenerife nel 1797, dove perse il braccio destro, per consentirgli di tagliare e inforcare il boccone con un solo braccio. E tutto ciò nonostante il menzionato divieto.
Ma si sa, il grande Horatio Nelson era un uomo che sfidava gli ordini o non avrebbe mai guadagnato i gradi di Ammiraglio.
Di formazione classica sono approdato al cibo per testa e per gola sin dall’infanzia. Un giorno, poi, a diciannove anni è scattata una molla improvvisa e mi sono ritrovato sempre con maggior impegno a provare prodotti, ad approfondire argomenti e categorie merceologiche, a conoscere produttori e ristoratori.
Da questo mondo ho appreso molte cose ma più di ogni altra che esiste il cibo di qualità e il cibo spazzatura e che il secondo spesso si mistifica fin troppo bene nel primo.
Infinitamente curioso cerco sempre qualcosa che mi dia quell’emozione che il cibo dovrebbe dare ad ognuno di noi, quel concetto o idea che dovrebbe essere ben leggibile dietro ogni piatto, quella produzione ormai dimenticata o sconosciuta.
Quando ho immaginato questo sito non l’ho pensato per soddisfare un mio desiderio di visibilità ma per creare un contenitore di idee dove tutti coloro che avevano piacere di parteciparvi potessero apportare, secondo le proprie possibilità e conoscenze, un contributo alla conoscenza del cibo. Spero di esservi riuscito.
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