Ristorante Alicella. Quando l’ordinarietà si fa chic.
- Giustino Catalano
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Che la cucina stellata stia cambiando pelle è ormai un dato di fatto.
Le recenti chiusure di grandi attività e le continue consulenze nel mondo pizza per sanare bilanci disastrosi tradiscono la seria crisi di un settore che si è spinto talmente in là da non essere più “leggibile” se non ad una sempre più ristretta élite di persone e, si badi, non perché questa schiera di persone sia sempre in grado di comprenderla ma solo perché la vendita conferisce all’acquisto uno status social.
Alcuni chef già hanno iniziato una rapida inversione di rotta o, quantomeno, un cambiamento di direzione. Tra le giovani leve la direzione guarda in quel panorama ma si mantiene molto più salda sul proprio terreno, narrando una cucina che risulta comprensibile a tutti e soprattutto divertente.
Alicella
È un progetto giovane, nato poco prima del Covid e sopravvissuto alla sua violenza.
Sostenuto da Salvatore Spiezia, figlio della nota stirpe di grandi salumai napoletani, è un progetto nato su solide basi.
Laureatosi in Ingegneria il giovanissimo appassionato Salvatore per lanciarsi in quella che era la sua passione ha prima frequentato un Master di Cucina e formazione presso il Gambero Rosso ed ha in seguito realizzato Alicella che è una piccola bomboniera posta sopra Posillipo, poco prima di Piazza San Luigi, su uno dei panorami più belli della città partenopea.
Il progetto si regge sulle proprie gambe che appaiono solide. Le sale di Alicella sono minimal ma eleganti con bei quadri che rinviano alla regina della tavola partenopea: l’alice.
La Cucina
Sobrio e mai sopra le righe il locale affida le sue scelte gastronomiche allo Chef Roberto Auricchio, mia vecchia conoscenza, con un curriculum assolutamente di tutto rispetto che lo ha visto far esperienza in tante cucine importanti come quella di Niko Romito, Paolo Barrale, Rosanna Marziale, Alexander Dressel. Ancora oggi è nello staff di cucina di Identità Golose dove negli anni ha affiancato veri e propri giganti della cucina internazionale e nazionale.
La matrice della sua cucina salta dalle origini siciliane a quelle partenopee in un melting pot assolutamente avvincente che rende l’esperienza da Alicella un piacevolissimo viaggio.
Confesso di aver lasciato fare a lui sapendo che non avrei incontrato grandi limiti.
Il benvenuto, assieme a grissini tirati a mano e pane fatto in caso, mi precisavano stavolta tipo Altamura ma soggetto a variazioni frequenti, è ventresca di tonno affumicato con salsa di pomodoro arrostito, crema di basilico e polvere di olive nere. Fresca e ben bilanciata la ventresca rende da subito chiara l’idea che la materia prima è di altissimo livello.
Segue una rivisitazione di alice in beccafico. Equilibratissima e di pieno rimando al piatto siculo che spesso nella mia infanzia ho mangiato, con i netti contrasti tra l’alice, il finocchietto, il gel d’arancia e l’uva passa. Ci avrei messo una leggera panure croccante per ricordare ancor di più il piatto ma è solo mio parere personale.
Altro antipasto è il notevolissimo Polpo scottato in salsa kabayaki (una salsa di soia particolare nipponica adoperata prevalentemente per condire e laccare l’anguilla) su crema di fagioli cannellini e gel di limone.
Spettacolare l’Aringa in salsa di mandorle, cipolla in agrodolce in osmosi inversa e broccolo aprilatico. Grande recupero di un piatto perduto della memoria napoletana reso ancora più avvincente dalla marinatura in salsa di mandorle che mitiga il grasso dell’aringa e la rende soffice come un freschissimo merluzzo appena pescato ma con ancora tutto il suo potente e intenso carattere.
Si passa ai primi. Risotto acquerello cotto in bisque di canocchie e zafferano con ragù di seppia, germogli di piselli e bottarga branzino. All’arrivo sembra abbiano aperto le finestre e stia soffiando una calda brezza di mare. L’effluvio del ragù di seppia e della bottarga di branzino, fatta in casa, sono il plus ad un risotto eseguito alla perfezione, e chi mi conosce sa che sui risotti ho una vera e propria fissazione.
Segue lo Spaghetto ai 3 dialetti. Intelligentissimo l’accostamento delle vongole veraci nostrane alla ‘nduja di Spilinga e al finocchietto, una discesa con rapida risalita da Posillipo a Mondello con sosta a Spilinga sul Monte Poro prospicente il promontorio di Tropea. Buono e interessante e oltretutto ben calibrato in maniera tale che nessuno dei tre protagonisti del piatto prevalesse sull’altro.
Chiedo di ridurre le porzioni onde consentirmi almeno di assaggiare qualcos’altro.
I secondi sono un uno due che passa dalla tradizione all’innovazione.
La zuppa di pesce a modo mio è un magnifico guazzetto che stavolta accompagnava tranci di pesce, una fasolara, una seppia e una tracina tutti cotti ciascuno in una modalità differente e serviti insieme.
Segue un rombo scottato con carciofi, cioccolato bianco e pimenton che tradisce assolutamente in toto la frequentazione dello Chef Auricchio di alcune cucine che del pairing ne hanno fatto una religione vera e propria.
Si finisce in bellezza con un dolce assolutamente da non perdere.
Passeggiata a Posillipo è una crema al caramello con su una pallina di gelato al pepe nero, mandorle pralinate e aria di mare. Accanto in una scodellina dei lupini da abbinare che si combinavano in maniera a dir poco perfetta. Geniale. Non c’è altra parola.
Ad accompagnare il pasto un Gewürtztraminer Feld di Armin Kobler (Sud Tirol) annata 2019, vino di grande corredo aromatico con note di petali di rosa, spezie dolci e frutta esotica al naso e albicocca matura e chiodo di garofano sul finale al palato.
Consigliatissimo.
Alicella
Via Posillipo n. 309/311 Napoli
Tel. 081-3418811
info@alicella.it
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Aperto tutti i giorni la sera, sabato e domenica anche a pranzo, lunedì chiuso
Di formazione classica sono approdato al cibo per testa e per gola sin dall’infanzia. Un giorno, poi, a diciannove anni è scattata una molla improvvisa e mi sono ritrovato sempre con maggior impegno a provare prodotti, ad approfondire argomenti e categorie merceologiche, a conoscere produttori e ristoratori.
Da questo mondo ho appreso molte cose ma più di ogni altra che esiste il cibo di qualità e il cibo spazzatura e che il secondo spesso si mistifica fin troppo bene nel primo.
Infinitamente curioso cerco sempre qualcosa che mi dia quell’emozione che il cibo dovrebbe dare ad ognuno di noi, quel concetto o idea che dovrebbe essere ben leggibile dietro ogni piatto, quella produzione ormai dimenticata o sconosciuta.
Quando ho immaginato questo sito non l’ho pensato per soddisfare un mio desiderio di visibilità ma per creare un contenitore di idee dove tutti coloro che avevano piacere di parteciparvi potessero apportare, secondo le proprie possibilità e conoscenze, un contributo alla conoscenza del cibo. Spero di esservi riuscito.
Il mio è un viaggio continuo che ho consapevolezza non terminerà mai. Ma è il viaggio più bello che potessi fare.