Sorbole! Quantu su duci sti zorbi!
In molti passaggi de “Il dottor Živago” di Boris Pasternak, l’omonimo protagonista è solito contemplare il paesaggio circostante e la Natura russa per riflettere sulla sua esistenza e sul prossimo passo da compiere, ma anche nei momenti di forte scoramento e nostalgia.
Tra le frasi più empatiche di questo rapporto quasi panico con gli elementi naturali figura questa “La fila degli alberi di sorbo, rossi come il sangue, si stagliava contro il cielo invernale, come una collana di corallo sparsa sulla neve.”: in essa l’azzurro del cielo e il candore della neve sono quasi in antinomia col rosso cupo ed intenso delle sorbe mature, frutto considerato minore e ormai poco diffuso che sarà l’oggetto di questo articolo.
Le sorbe o sorbole sono i frutti del sorbo domestico (Sorbus domestica) e del sorbo degli uccellatori (Sorbus aucuparia), simili a pere o mele in miniatura, dal colore che varia dal giallo-arancio, quando sono ancora acerbe, al rosso-corallo, quando hanno raggiunto la piena maturazione.
Incuriosisce l’espressione “sorbo degli uccellatori” e il termine aucuparia da acupare, che significa catturare gli uccelli, spiega per bene il motivo della scelta di questo nome scientifico: sin dall’antichità, di questi frutti è sempre stata ghiotta, oltre agli uomini, molta avifauna, sia delle aree centrali dell’Europa sia delle zone mediterranee, al punto che stormi interi si posavano su questi grandi arbusti, divenendo, però, facili prede delle reti dei cacciatori in agguato.
Ha scritto non a caso il filosofo colombiano Nicolás Gómez Dávila che “ll miglior modo per catturare una preda è farle credere di essere libera.”
Prima di scrivere più attentamente del frutto del sorbo, l’albero e i suoi rami hanno avuto una larga presenza nei riti e nelle credenze della tradizione celtica, dove agli alberi è conferita una notevole importanza perché rappresentava sia il ciclo della vita, sia le tre parti – radici, tronco e chioma) del “tutto” armonizzate in un unicum. In particolar, l’albero del sorbo era considerato l’Aurora dell’anno e i suoi frutti erano nutrimento degli dei.
Era, infatti ,realizzato intagliando e lavorando rami di legno sia della quercia sia del sorbo il bastone dei druidi, potenti sacerdoti celtici e guardiani del “sacro ordine naturale”.
E come è attestato da James Frazer ne “Il ramo d’oro”, nella Scozia nord-orientale, durante i riti di Beltrane, i contadini e gli allevatori, per tenere a distanza le streghe che avrebbero potuto gettare malefici sul bestiame o rovinare gli interi raccolti, erano soliti appendere fuori dall’uscio delle loro case rami di sorbo o di caprifoglio o, addirittura, piantare alberi nei loro terreni per tenerle a distanza tutto l’anno.
Un antico proverbio anglosassone, infatti, recita “i sorbi ed il filo rosso, buttan le streghe dentro al fosso!”.
A proposito dei frutti del sorbo domestico, diffuso in Europa Meridionale e, in particolare, in Sicilia, essi somigliano a delle piccole mele o pere che da gialle quando sono acerbe maturano divenendo rossastre.
In siciliano è definito zurbusu un alimento assai aspro e poco edibile, come sono le sorbe o zorbi quando sono troppo asprigne ma, quando raggiungono la maturazione, l’ha scritto pure Dante nell’Inferno, sono dolcissime.
Per favorire la maturazione delle sorbe o zorbi, ma senza avere fretta eccessiva dato che la dolcezza richiede tempo e pazienza, una buona pratica è quella dell’ammezzimento spiegata in modo chiara dal proverbio “Cu lu tempu e cu la pagghia maturani li zorbi, ossia si raccolgono i frutti ancora acerbi e si lasciano riposare in letti di paglia.
Sebbene ormai poco diffuse, le sorbe sono ricche di vitamina C, antiossidanti e, nella medicina popolare siciliana erano in passato usate come rimedi contro la diarrea, la stipsi e il raffreddore.
Oggi il sorbitolo, estratto dalle sorbe e da altri frutti a bacca, è impiegato nella medicina ufficiale contro l’iperglicemia e come sostituto dello zucchero della dieta dei diabetici.
L’uso alimentare delle sorbe era ed è vario: oltre ad essere gustate crude ma molto mature e polpose, con le sorbe si preparano conserve e marmellate ma anche liquori e bevande fermentate, come il sidro di sorbe del quale i Romani, quando non le usavano come esche per cacciare gli uccelli, erano ghiottissimi.
Il sidro di sorbe è una bevanda leggermente alcolica dal gusto dolciastro da bere preferibilmente fredda, preparata dopo una meticolosa e lunga fermentazione di sorbe ben maturate e ridotte precedentemente in polpa.
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sono un'antropologa culturale e appassionata studiosa di tradizioni culturali ma anche la blogger con lo pseudonimo di Marga Rina di Panormitania, dove promuovo eventi culturali e intervisto gli artisti locali che solleticano la mia curiosità. Grande è la mia passione per la scrittura nelle sue molteplici declinazioni: scrivo poesie, racconti, testi incentrati sull’Arte e gli artisti. Da qualche anno, sono diventata organizzatrice e curatrice di mostre d’arte: oltre a redigere tutti i testi e le poesie e ad occuparmi della loro diffusione ai media con veci da addetto stampa, curo minuziosamente la grafica di ogni evento e la promozione, nella veste di social media manager, sui social network. Il connubio tra arte e cucina è da qualche tempo divenuto sia un hobby che una vera grande passione.
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