StockBridge 2024. Lo stoccafisso Patrimonio Immateriale UNESCO

StockBridge 2024. Lo stoccafisso Patrimonio Immateriale UNESCO

StockBridge 2024. Lo stoccafisso Patrimonio Immateriale UNESCO.

Si è concluso il 20 maggio scorso “StockBridge 2024”, l’evento che molti non hanno visto e non ne hanno compreso la portata culturale.

Benché si partisse dallo stoccafisso, a quelle latitudini baccalà, l’evento ha suggellato un cammino che era partito dalla punta estrema della Calabria con una dichiarazione sottoscritta a Cittanova (RC) da più rappresentanti di paesi.

Lì è iniziato il percorso verso il riconoscimento UNESCO come Patrimonio Immateriale dell’umanità dello stoccafisso.

La storia di questo meraviglioso “gadide” al quale Di Testa e di Gola ha dedicato e dedicherà sempre più spazio parte da lontano e da un incontro.

Quello del nobile veneziano e naufrago Pietro Querini e gli abitanti dell’Isola di Røst nell’arcipelago norvegese delle Lofoten.

Delle travagliate vicende del patrizio veneziano ne abbiamo raccontato QUI  tramite il suo discendente Paolo Francis Querini e del primo incontro con lo stoccafisso.

A ben guardare la storia di Querini narra di un incontro di popoli ed è stato proprio questo lo spirito che ha messo insieme una commissione di italiani, tedeschi, norvegesi, portoghesi e francesi, tutti messi insieme dal vulcanico Andrea Vergari, ideatore e creatore dell’International Stockfish Society (qui link sito)

Andrea Vergari e Otello Fabris

Andrea Vergari e Otello Fabris

Si era già fatto qualcosa per la valorizzazione prima d’ora?

Forse si ma solo in parte. Parallelamente l’operosa e intelligente popolazione delle Lofoten ha messo in piedi un’opera da anni che porta il nome di Querini Opera.

Sulla scia di questo si è provato a tracciare una rotta immaginaria che vedeva lo stoccafisso percorrerla sino a giungere in Piazza San Marco.

La “Via Querinissima” è stata lanciata proprio a Venezia in collaborazione con la Pro Loco di Sandrigo (VE), la municipalità di Venezia, il patrocinino della Nord Sea Food, marchio ombrello del prodotto, e l’Opera Querini.

Un grande evento che si è svolto nell’Arsenale di Venezia, tra autorevoli interventi e una rappresentazione di altissimo livello, salvo dimenticarsi di menzionare gli ultimi eredi del celebrato Pietro Querini che sedevano sugli spalti ad assistere.

Come celebrare Garibaldi e dimenticare di far dire due parole all’erede presente in sala. Bruttina alquanto come cosa.

Una gaffe che ha purtroppo mostrato alcuni limiti che sono evidenti e che, a mio sommesso avviso, sono stati superati a Bassano.

Tra i più evidenti, e incomprensibilmente tollerati dalla città di Venezia, una mappa dove le dimensioni di questa e del bel comune di Sandrigo erano letteralmente invertite, come se Milano fosse più piccola di Segrate. Ma vi è più.

La “Via Querinissima” nel celebrare un arrivo del baccalà che fu solo fisico e non commerciale per almeno 2 secoli e mezzo circa dopo il rientro di Querini nella Serenissima, tagliano fuori dalla pluricentenaria storia dello stoccafisso in Italia.

Da questa storia di reale commercio restano fuori:

  1. le popolazioni di Alta, i Sami;
  2. la città di Bergen – una delle perle della Lega Anseatica – nel cui porto Lubecca, regina della Lega Anseatica e monopolista del sale ne Nord Europa, vi elesse una propria Ambasciata, le città fluviali dove di sicuro ha viaggiato il merluzzo essiccato, prima con Querini e poi con le rotte commerciali successive, sfuggendo alle pericolosissime rotte marine;
  3. Bassano e il suo scalo fluviale
  4. i commercianti ebrei e tanto altro. Come se l’episodio di Querini fosse l’evento che aveva determinato tutto e l’unico dal quale fosse stato generato il tutto.

La storia racconta ben altro e sia con Querini che con il commercio successivo di Sandrigo, spiace dirlo, non dice molto, se non nulla.

Un buco culturale che a Bassano in soli 3 giorni si è colmato unendo in una reale stretta di mano, lì sul ponte più celebrato nella canzone italiana, le popolazioni Sami con quelle nigeriane.

Per la prima volta quelli che chiamiamo erroneamente Lapponi – in svedese significa “stracci”  – e dovremmo chiamare Sami, hanno guardato in viso chi ha fatto di uno scarto, la testa, la parte principale di una delle più celebri zuppe nigeriane.

La rappresentanza Sami di Alta in Norvegia

La rappresentanza Sami di Alta in Norvegia

Un evento inclusivo e non “esclusivo” come quello di Venezia dove sarebbe stato bello vedere anche una rappresentanza delle Lofoten, la Nord Sea Food, Sandrigo e molti altri.

La-comunita-nigeriana

La comunità nigeriana

Ma perché incontrarsi a Bassano del Grappa per un evento di questa portata?

Sono andato a chiederlo allo storico bassanese Otello Fabris, autore di un libro “bibbia” – “I segreti del ragno” e recentemente premiato dalla sua città con il “Premio San Bassiano 2023”

Perché si è scelto bassano e soprattutto il suo ponte?

Bassano si trova, con buone probabilità, sul tragitto fatto da Querini per rientrare a Venezia dalle Isole Lofoten. Sappiamo per certo che egli seguì la via del Reno da Bruges a Basilea.

Il passaggio successivo fu il Tirolo, lungo l’Adige , Trento.

Da qui, la via più breve per Venezia è la Valsugana, percorrendo la via del Brenta lungo la cui riva la sua famiglia, proprio i Querini di Candia, avevano costruito – o in costruzione – una delle più grandi residenze del luogo, oggi nota come Ca’ Erizzo.

Immagine storica degli zatteri del Brenta

Immagine storica degli zatteri del Brenta

Il ponte esisteva già?

Il ponte sul fiume esisteva già allora, e si trovava in prossimità del porto di Brenta , dove si caricavano le zattere che portavano le merci a Venezia, al fondaco dei bassanesi.

Specialmente vino, oggetto principale delle attività commerciali dei Querini di Candia.

Cosa c’entra lo stoccafisso con Bassano?

Fra il 1783 e il 1820 la casa editrice Remondini di Bassano pubblica, in cinque successive ristampe, una ricetta di stoccafisso che ho ritenuto molto importante, poiché ha affinità con una preparazione trentina cinquecentesca, e quella vicentina, di cui abbiamo notizia solo nell’Ottocento avanzato.

Rappresenta quindi l’anello di trasmissione di un criterio di cottura lungo un tracciato geografico che riflette le vie commerciali dal nord al sud.

Il nome di questa ricetta trova riscontro nei menu dell’antica Osteria alle Scalette del 1860, che presenta il Baccalà in umido, in casseruola.

Aggiungiamo che a Bassano sopravvive forse l’ultima “Bottega del Baccalà” del Veneto e una rinomata trattoria che pubblicizza alla grande il “Baccalà alla Vicentina”.

Il riconoscimento UNESCO dello stoccafisso e le sue tradizioni parte da Bassano o qui prende conoscenza?

No, l’impresa è partita lo scorso anno dalla parte opposta dell’Italia, da Cittanova Calabra.

Propriamente l’obiettivo del gruppo internazionale che lì si è costituito è di riuscire a proporre il riconoscimento UNESCO dello stoccafisso come “Patrimonio intangibile dell’umanità”.

Una definizione molto opportuna a mio avviso per lo stoccafisso, la cui produzione è legata a territori invivibili e per i quali ha rappresentato per molti secoli l’unica forma di sostentamento.

Questo pesce essiccato ha nutrito per altrettanto tempo popolazioni povere, con redditi miserevoli, costrette soprattutto per ragioni religiose a nutrirsi di pesce che non avevano, se non ci fosse stata la possibilità di avere il pesce secco del nord.

In un’ottica storica del genere quanto la “Via Querinissima” è storicamente valida ai fini dell’affermazione del consumo dello stoccafisso in Italia?

La “Via Querinissima” nasce da un mio libro, “I Misteri del Ragno – Documenti e ipotesi sulla storia del baccalà”, dove per la prima volta riportai la mia netta impressione che l’uso dello stoccafisso abbia necessariamente comportato la trasmissione dei due modi di prepararlo praticato da chi lo produceva.

Bollito e condito con grassi e spezie, come indicò lo stesso Querini oppure cotto nel latte grasso.

Nella mia indagine storica ho riscontrato che Querini, per tornare a Venezia, aveva fatta la medesima strada che faceva da secoli lo stoccafisso per arrivare in Tirolo e nel Principato di Trento.

Una pura coincidenza, forse: sta di fatto che quella strada era la principale che facevano i convogli commerciali dalle Fiandre a Venezia, approfittando del corso del Reno.

Non so –  e nessuno sa – cosa diventerà la “Via Querinissima” nel futuro che già sta divagando dal suo alveo storico per comprendere località che nulla hanno a che fare con la storia di Querini.

A proposito del quale sottolineo che appartiene alle rispettabili leggende metropolitane il fatto che lui sia stato il primo importatore veneziano di stoccafisso.

Mi viene da sorridere al pensiero che i mercanti veneziani lasciassero il posto riservato alle tele di Fiandra, ai damaschi, agli arazzi, alle pellicce per stivarci assieme il baccalà, merce puzzolente e di infimo valore.

Questa era merce da morti di fame, non per i cittadini di Venezia, “dove non si seminava niente e si raccoglieva di tutto”!

 Lo stoccafisso arrivò assai più tardi a Venezia, su navi fiamminghe. La ribellione luterana esprimeva l’odio dei transalpini verso Roma proprio rifiutando di cibarsi di pesce.

Quello secco, in modo particolare, si ammucchiava nelle città commerciali del nord in cataste altissime e rimaneva invenduto.

Il primo a riempirne una nave per portarlo a Venezia a prezzi stracciatissimi e grazie a una riduzione del dazio fu il fiammingo Marco Manart, solo nel 1596.

Più di due secoli e mezzo dopo il rientro del Querini.

Dopo questa data, si registrano nei porti italiani i primi magazzini di importatori di stoccafisso: norvegesi, inglesi, fiamminghi. Quasi tutti ebrei.

Alla luce anche delle parole di uno storico quindi, se si dovesse quindi tracciare una linea netta dalla quale ripartire questa non potrebbe mai essere quella della “Via Querinissima”.

Non è inclusiva di popolazioni e luoghi che hanno contribuito a questa storia.

Essa esclude il ruolo che successivamente hanno avuto anche i Sami come produttori, che nella civilissima Norvegia hanno ottenuto il riconoscimento del loro status civile e della loro lingua solo negli anni 90 (che sia questo il motivo di tale esclusione?), che ignora gli acquirenti più a sud del mondo, i nigeriani, i commercianti e consumatori maggiori nel corse dei secoli, i poveri e gli ebrei, che ignora il ruolo di una città come Bergen nel commercio.

In sintesi una via che celebra un viaggio di ritorno come potremmo fare per qualsiasi spedizione che è rientrata dopo un naufragio.

Magari tra qualche anno salterà fuori che il primo consumo di stoccafisso è avvenuto nella Sicilia Normanna, e quindi anche in Calabria, o nel primo feudo norreno di Aversa in Campania.

Magari Querini diverrà solo uno dei tanti che ha viaggiato con nella propria stiva lo stoccafisso.

E per giunta la Via Querinissima, così come narrata oggi, sarà solo un’operazione commerciale a beneficio di un mercato calmierato da un grosso distributore. Pecunia non olet.

La Banda degli Alpini a Stockbridge 2024

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