Storia di una sfera di riso – L’arancino/a
- Giustino Catalano
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L’origine del nome “arancino” o “arancina” è una questione molto dibattuta, soprattutto in Sicilia, dove si assiste a un campanilismo linguistico che divide l’isola tra area occidentale ed orientale.
In realtà la questione è molto più complessa di una semplice disputa tra l’arancinu catanese o messinese e l’arancina palermitana.
Infatti, la parola “arancina” è altrettanto diffusa in alcuni settori della parte orientale dell’isola, in particolare nelle aree di Ragusa e Siracusa, così come “arancinu” è variamente diffuso in aree meno orientali.
In altre aree, gli usi tra i due termini si usano a macchia di leopardo tra i restanti comuni siciliani.
La storia dell’arancino è altrettanto affascinante
Non è facile individuare le origini esatte di questo prodotto popolare, ma si suppone che risalga al periodo della dominazione musulmana.
Gli arabi infatti erano soliti abbinare nomi di frutti alle preparazioni di forma tonda, come riportato da Giambonino da Cremona. Muhammad al-Baghdadi, nel suo libro di cucina del 1226, riporta la ricetta della Nāranjīya (arancia) – una polpetta di carne di montone immersa nell’uovo sbattuto e fritta in modo da farla assomigliare a un’arancia – che ricorda molto questa frittura siciliana.
È interessante notare che l’Accademia della Crusca ha affermato la correttezza di entrambe le diciture, “arancino” e “arancina”, sebbene la forma maschile sia indicata da tutti i moderni dizionari della lingua italiana e internazionale. La lingua siciliana, derivando dal latino volgare, ha mantenuto la corrispondenza fra i generi grammaticali adottati dalla lingua latina per piante e frutti.
Nonostante la mancanza di fonti specifiche, alcuni autori si sono cimentati nell’immaginare le origini dell’arancino a partire dall’analisi degli ingredienti che costituiscono la pietanza.
Si suppone che inizialmente l’arancino si sia caratterizzato come cibo da asporto, presumibilmente anche per il lavoro in campagna
L’invenzione della panatura invece si fa risalire alla corte di Federico II di Svevia, tale modalità di preparazione era scelta affinché fosse possibile portare con sé la pietanza in viaggi e battute di caccia. La panatura croccante infatti avrebbe assicurato un’ottima conservazione del riso e del condimento, oltre ad una migliore trasportabilità.
Le origini della versione dolce dell’arancino sono ancora oggi oggetto di dibattito irrisolto
Si ipotizza che i primi arancini dolci siano una versione da trasporto della cuccìa, un prodotto a base di chicchi di grano non macinato, miele e ricotta, che viene tradizionalmente consumato durante le festività in onore di Santa Lucia. Ancora oggi, il 13 dicembre di ogni anno, è tradizione palermitana e trapanese festeggiare il giorno di Santa Lucia mangiando arancini e cuccìa.
Oltre ad essere un piatto tipico della cucina siciliana, gli arancini sono diventati una prelibatezza amata in tutta Italia e nel mondo.
Gli arancini sono diventati popolari anche al di fuori della Sicilia grazie all’emigrazione di siciliani all’estero, che hanno portato con sé la loro cultura culinaria e fondato rosticcerie nei luoghi in cui si sono stabiliti. Oggi gli arancini sono disponibili in molte varianti diverse, con ripieni che vanno dal ragù di carne alla mozzarella e prosciutto cotto, fino al ripieno di burrata e zafferano.
La traccia ovviamente resta sicuramente musulmana per la presenza di riso e zafferano che sono elementi costanti di matrice arabo-musulmana.
Di formazione classica sono approdato al cibo per testa e per gola sin dall’infanzia. Un giorno, poi, a diciannove anni è scattata una molla improvvisa e mi sono ritrovato sempre con maggior impegno a provare prodotti, ad approfondire argomenti e categorie merceologiche, a conoscere produttori e ristoratori.
Da questo mondo ho appreso molte cose ma più di ogni altra che esiste il cibo di qualità e il cibo spazzatura e che il secondo spesso si mistifica fin troppo bene nel primo.
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Quando ho immaginato questo sito non l’ho pensato per soddisfare un mio desiderio di visibilità ma per creare un contenitore di idee dove tutti coloro che avevano piacere di parteciparvi potessero apportare, secondo le proprie possibilità e conoscenze, un contributo alla conoscenza del cibo. Spero di esservi riuscito.
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