Storia in cucina – La pizza di Beridde o Pizza Ebraica
- Giustino Catalano
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Foto di copertina Pizza di Beridde – Nonna Betta photocredit Di Lorenzo
A differenza di Babka, Challah, Jodekager, Kranz, Sufganiot, Orecchie di Aman e tanto altro, se chiederete della Pizza di Beridde al di fuori dei confini italiani sarà molto difficile che troviate qualcuno che la faccia.
La pizza di Beridde è un dolce tipico delle comunità ebraiche italiane e in particolare di quella più antica che è la comunità romana, gli ultimi romani de Roma da 7 generazioni!!!
E’ anche conosciuta da molti come Pizza Ebraica ed è possibile acquistarla tutt’oggi nel Quartiere ebraico di Roma dal Forno Il Boccione che la prepara secondo una sua ricetta familiare segreta da oltre 200 anni.
Non ricordo di averla vista nelle vetrine dei due panifici del Quartiere Ebraico di Venezia.
Le sue origini sono ancora poco chiare e non esistono fonti online di facile reperimento ma è presumibile che sia arrivata attraverso gli ebrei spagnoli durante la cacciata dalla Spagna nel 1492 e del 12/01/1493 dalla Sicilia, entrambe terre con forti influenze di svariati secoli di matrice musulmana. Tale matrice spiegherebbe il diffuso uso in questo dolce di frutta a guscio, uvetta sultanina e canditi.
E’ un dolce semplice ma gustosissimo con una puntina sapida sul finale nonostante la massiccia presenza di canditi e uvetta. La parola pizza è di origine altomedioevale quando ogni cosa che era cotta in un ruoto ed era schiacciato veniva chiamato genericamente pizza a prescindere se fosse dolce o salato.
Un po’ come fino ad inizi 900 è accaduto negli USA dove le prime pizze al pomodoro erano chiamate Tomato Pie (Torta di pomodoro) nonostante lo zucchero fosse totalmente assente.
Il dolce conosciuto come “pizza ebraica” in realtà ha un nome diverso, più esotico e difficile da spiegare: si chiama “pizza da Beridde”. “Beridde” significa “patto” e il patto a cui si fa riferimento è quello della circoncisione (Berith Milà in ebraico). “Berith” significa appunto “patto”, e in giudaico-romanesco diventa “beridde”.
Questo dolce è un simbolo della tradizione giudaico-romanesca, che dà grande importanza alla nascita di un figlio maschio e celebra questa gioia con una grande festa.
Durante la festa, si dona ai partecipanti un sacchetto di dolci chiamato “kavodde”, che significa “onore” in ebraico e rappresenta il comandamento di onorare i propri genitori.
Il sacchetto contiene vari dolci tra cui la pizza, una ciambellina chiamata “ciambelletta”, dei biscotti alle mandorle chiamati “biscottini” e dei confetti.
Quando gli ospiti lasciano la festa, i genitori del neonato consegnano loro il kavodde come modo di ringraziarli per l’onore ricevuto. Un gesto che ricorda molto l’usanza della bomboniera a fine delle feste per le varie celebrazioni liturgiche.
Se siete curiosi di ripeterla a casa sappiate che seguendo questa ricetta riuscirete a replicarli. Ne vale davvero la pena se non detestate canditi e altra frutta secca.
Pizza di Beridde
Ricetta
- 200 g di farina
- 110 g di zucchero bianco
- 65 g di olio extra vergine di oliva
- un pizzico di sale
- 20 g di pinoli
- 90 g di mandorle
- 90 g di uvetta
- 90 g di canditi
Procedimento
Prendete per prima cosa un pentolino e fate intiepidire leggermente l’olio.
In una ciotola capiente versate l’olio e la farina e iniziate a mescolare aggiungendo via via lo zucchero e il sale e mescolate tutto insieme meglio se con le mani.
Una volta amalgamato aggiungete la frutta secca e i canditi mescolando.
Ora che l’impasto è pronto versatelo in una teglia foderata con carta forno e dategli la tipica forma rettangolare. Dovrà essere un panetto alto un paio di cm e lungo 10 cm. Fate dei tagli sia in senso verticale che orizzontale e delle piccole incisioni con un coltello affilato.
Fate cuocere in forno ventilato già caldo a 220° per circa 20 minuti.
Fate raffreddare la vostra pizza dolce ebraica prima di mangiare e tagliatela seguendo le incisioni fatte prima della cottura.
Di formazione classica sono approdato al cibo per testa e per gola sin dall’infanzia. Un giorno, poi, a diciannove anni è scattata una molla improvvisa e mi sono ritrovato sempre con maggior impegno a provare prodotti, ad approfondire argomenti e categorie merceologiche, a conoscere produttori e ristoratori.
Da questo mondo ho appreso molte cose ma più di ogni altra che esiste il cibo di qualità e il cibo spazzatura e che il secondo spesso si mistifica fin troppo bene nel primo.
Infinitamente curioso cerco sempre qualcosa che mi dia quell’emozione che il cibo dovrebbe dare ad ognuno di noi, quel concetto o idea che dovrebbe essere ben leggibile dietro ogni piatto, quella produzione ormai dimenticata o sconosciuta.
Quando ho immaginato questo sito non l’ho pensato per soddisfare un mio desiderio di visibilità ma per creare un contenitore di idee dove tutti coloro che avevano piacere di parteciparvi potessero apportare, secondo le proprie possibilità e conoscenze, un contributo alla conoscenza del cibo. Spero di esservi riuscito.
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