Tenuta Marchini: l’energia dei Colli di Luni
- Fosca Tortorelli
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Quella di Francesca Aliboni della Tenuta Marchini è una storia davvero coinvolgente. L’azienda si trova a Caprognano, una piccola frazione del comune di Fosdinovo, in provincia di Massa Carrara, zona di confine tra Toscana e Liguria, a circa 275 metri d’altitudine. Il suo sorriso solare e la sua energia catturano a prima vista e con orgoglio e passione racconta la storia familiare della sua tenuta.
Prima di entrare nel vivo dell’azienda, si percorre il piccolo borgo di Caprognano, poche case isolate, una deliziosa cappella risalente al 1749, che si intercetta sulla strada che conduce alla cantina, di proprietà della famiglia di Francesca Aliboni e il loro agriturismo Cà Vidè (dedicato alla Nonna Videa), un gioiellino nella campagna tosco-ligure di appena 24 posti. Qui la parola d’ordine è genuinità e familiarità. L’antico fienile è stato ristrutturato e trasformato in un accogliente ristorante che offre prevalentemente una cucina del territorio, fatta in larga parte con le diverse produzioni della famiglia di Francesca, vino, olio, ma anche ortaggi e animali da cortile.
Ma torniamo all’azienda vinicola, tutto è iniziato nel 2009, quando Francesca, dopo gli studi in viticoltura ed enologia svolti presso l’Università di Pisa, inizia ad occuparsi dell’azienda di famiglia. Qui nascono le sue quattro etichette che, da appena 417 bottiglie prodotte nel 2012 dai 2.500 metri quadri del vitigno di famiglia, nel 2018 con l’acquisizione successiva di nuovi vigneti, arrivano a scarse 7.000. I vigneti si dividono tra il piccolo Borgo di Caprognano, che ricade nel territorio toscano e il comune di Caprigliano che ricade invece in Liguria. Circa 4 ettari di terreno divisi tra un ettaro e mezzo a vigneto tra Vermentino, Canaiolo e Merlot, un ettaro e mezzo per la produzione di olio extra vergine di oliva e il restante per la coltivazione di ortaggi. Una cantina semplice, qui il vino si fa come una volta, niente pigiadiraspatrice, niente pressa a polmone, niente etichettatrice. Le uve vengono torchiate nel tradizionale torchio di legno, le etichette incollate a mano, ma questo non va a discapito della pulizia e della genuinità dei vini.
Francesca racconta con emozione l’amore che i nonni le hanno trasmesso per la terra, il rispetto della storia e la forza di affrontare ogni difficoltà. Dal 2017 la scelta di effettuare la vendemmia notturna, non certo per moda, ma essendo il lavoro manuale e non essendo dotati di celle di refrigerazione, la temperatura notturna permette di preservare i profumi primari delle uve e di lavorare in progressione le uve che arrivano in cantina. Un lavoro senza dubbio molto più faticoso che prolunga la vendemmia di alcuni giorni, nonostante la dimensione contenuta dei vigneti. Inutile dire che l’attenzione riservata in vigna è totale e il rispetto della natura è messo al primo posto. Dall’annata 2018 inoltre la scelta di utilizzare per la fermentazione solo lieviti indigeni della pianta, il risultato è davvero esemplare, ciascuna etichetta esprime la propria personalità e carattere e ricalca in pieno lo spirito spontaneo e gioviale di Francesca.
Due Vermentino, che vengono lavorati in modo diverso, il Colli di Luni Vermentino Vidè 2018 (anche qui il nome è un omaggio alla nonna Videa), prodotto quasi unicamente da uve vermentino provenienti dai due vigneti aziendali; la vinificazione avviene in acciaio dopo una giornata di macerazione sulle bucce. Solo 4.000 le bottiglie prodotte, che regalano un bianco dai profumi leggiadri, floreali e di erbe aromatiche, dalla salvia alla maggiorana, un cenno di pesca bianca ne completa il profilo. Non si smentisce al palato, regalando freschezza e pulizia, saporito nel sorso e di discreta lunghezza.
Diverso per struttura e complessità è il Colli di Luni Vermentino Ribella 2018, nato nell’annata 2018 come scommessa di Francesca; le uve di Vermentino provengono dal Vigneto storico di Caprognano e vengono fatte macerare per sette giorni sulle bucce, si presenta solare già alla vista, un vino di estrema pulizia e profondità. La gamma olfattiva ha uno spettro più ampio del Vidè, ritornano anche qui le note floreali, ma si evidenzia una dolcezza del fiore di mandorlo, che lascia spazio a sentori di pera Rosada (varietà tondeggiante dolce-acidula) ed erbe officinali; il sorso è coinvolgente e rinfrescante, intenso e complesso, coerente con l’olfatto e ritornano con eleganza le note delle erbe aromatiche. Un vino vero prodotto in solo 800 bottiglie.
Si passa poi ai due rossi, anche qui i nomi sono di richiamo a una dedica familiare, entrambi Toscana IGT, prodotti con 45% di Merlot, 45% di Canaiolo e un saldo del 10% di varietà autoctone. Il Gioà 2018 è dedicato al nonno Giovanni, anche qui la vinificazione avviene solo in acciaio con una macerazione di venticinque giorni, con periodi che follature e affinamento di otto mesi, sempre in acciaio; un vino dalla piacevolissima beva. La produzione è di 800 bottiglie, un vino dai profumi spontanei e gioviali, dove si distinguono toni freschi e fruttati di ciliegia e di rosmarino, una bella succosità al palato, fresco e sapido al sorso.
Si chiude con il Maranto 2017, questa volta la dedica va ai genitori Mario e Antonella; per questa specifica annata, dopo la fermentazione, anziché la follatura si sono utilizzati i rimontaggi. Il vino sosta in tonneaux per dieci mesi (l’unico che Francesca ha in cantina, comprato usato), ai quali ne seguono altri due di affinamento in bottiglia. Appena 600 le bottiglie prodotte, un vino intenso ed espressivo, che forse al palato risente dell’annata non facile, rendendo evidente una leggera asperità del tannino, ma nel complesso risulta gradevole e di buona persistenza.
Una bella realtà familiare, dove si respira l’essenza dei luoghi e l’entusiasmo nel dare valore alla storia e alla cultura delle tradizioni.