Terra Mia: Caiaffa Vini Biologici
L’azienda Caiaffa Vini Biologici nasce a Cerignola nel cuore del Tavoliere delle Puglie un luogo antico e fertile dove l’agricoltura scandisce ancora il tempo e la natura si esprime in tutta la sua biodiversità.
Tra suoli calcarei e un clima mite influenzato dalla vicinanza del mare la famiglia Caiaffa ha scelto di coltivare la vite con un approccio biologico e sostenibile.
L’azienda si fonda sulla filosofia del tutto si tiene che unisce tradizione e rinnovamento: antiche pratiche come le lunghe macerazioni e l’uso di lieviti autoctoni si integrano con moderne tecnologie per garantire vini autentici in rispetto dell’ambiente.
I vini Caiaffa sono il risultato di un processo che coinvolge vitigno, suolo e intervento umano mantenendo intatta la autenticità del frutto.
La tenuta è un ecosistema in equilibrio dove flora e fauna convivono in armonia senza l’uso di pesticidi o prodotti chimici grazie ad una agricoltura che valorizza la natura come alleata nella coltivazione della vite.
Caiaffa Vini è quindi un progetto che guarda al futuro con un impegno concreto per la sostenibilità e la valorizzazione del territorio pugliese attraverso vini autentici e che sono espressione pura della terra da cui nascono.
Qual è la ricetta giusta per ottenere un vino identitario? Quanto conta la storia del territorio e quanto lo stile di produzione?
Non amo la parola ricetta perché esprime un qualcosa di ripetibile e standardizzabile e un vino che vuole avere quest’appellativo non può essere ricettabile.
L’identità deve partire da un’idea, da un sogno che è perseguito anno per anno connettendo, in maniera bilaterale e con rispetto, la natura che produce l’uva e l’uomo che la trasforma in vino.
Questi due elementi se in equilibrio tra loro creano un vino identitario esprimendo appieno il pensiero dell’uomo attraverso la natura.
La storia del territorio sicuramente ha un peso rilevante, specialmente nel vino che è un mondo ricco di luoghi comuni e retaggi storici, ma a volte è proprio l’adagiarsi su questa eredità del passato che crea dei vini spesso sempre uguali e privi d’identità.
Lo stile di produzione è altrettanto importante ma deve avere l’effettiva connessione con l’idea e con il territorio, diverso caso per caso, mai banale e uguale per tutti i vini altrimenti avremmo prodotti standardizzati e sicuramente non identitari (quello che sta succedendo sempre più spesso).
Il cambiamento climatico ha reso obsolete le pratiche vitivinicole degli anni ’90, che producevano vini troppo alcolici e concentrati. Alcuni suggeriscono di reintrodurre uve bianche nei vini rossi e di diversificare i vitigni per mantenere la qualità e il carattere territoriale dei vini. Tuttavia, tornare a metodi tradizionali per preservare acidità e sapidità è costoso. Come gestire questa transizione con le complessità normative esistenti?
Il cambiamento climatico è una realtà inevitabile e tutta la comunità scientifica agronomica è impegnata nella ricerca di soluzioni per affrontarlo.
La situazione sta assumendo sempre più i contorni di un’emergenza e anche nella nostra azienda cerchiamo di contrastarla con una serie di piccoli ma significativi accortezze agronomiche ed enologiche.
Mi piace restare al passo con la scienza moderna e guardo con interesse alle varietà resistenti (PIWI) che potrebbero rappresentare una soluzione in diversi contesti.
Pensiamo a vigneti che non necessitano di trattamenti o a varietà capaci di mantenere elevati livelli di acidità anche in un clima che cambia.
Non voglio essere frainteso: i vigneti tradizionali rimarranno sempre la nostra forza ma dobbiamo essere pronti per il futuro.
La prima vendemmia non si scorda mai! La ricordate ancora? Qual è stato il vostro primo vino prodotto?
E come la posso dimenticare!
Non so quante notti insonni e in ansia ho passato con l’intera la famiglia.
Tutto doveva essere perfetto, anche se non era cosa semplice, perché la vendemmia è un susseguirsi di imprevisti e di emozioni (sia belle che brutte).
Ogni anno ci permette di superare i nostri limiti ed essere pronti a qualsiasi cosa non abbattendoci mai e lottando tutti assieme per il nostro obiettivo finale.
Il vino che sicuramente ricordo con piacere è stato il Vibrans 2015 (un nero di troia 100 %) prodotto dalla vigna più vecchia che abbiamo e che affina in botti grandi da 50hl per 12 mesi.
Un vino con una forte nota identitaria che esprime il nostro concetto al massimo: l’unione tra famiglia, territorio e varietà senza che nessuna di queste tre cose sovrasta l’altra.
Si coltiva in biologico e poi in cantina che succede? Come viene trattata l’uva accuratamente allevata?
Il biologico ha una legge da seguire molto complessa e articolata.
Un’azienda che vuole certificarsi deve sposare a pieno questa filosofia di produzione.
I primi clienti delle cantine Caiaffa siamo noi: i membri della famiglia e non vogliamo bere dei vini ricchi di pesticidi e di prodotti chimici in generale e altrettanto non li proponiamo ai nostri clienti. Inoltre, da un punto di vista energetico, stiamo cercando di avere un minor impatto possibile tramite l’uso di impianti fotovoltaici.
Ovviamente l’uomo deve intervenire con tutti gli strumenti che ha a disposizione per perseguire gli obiettivi e i sogni che si è prefissato ma sempre nel pieno rispetto della salute umana e della natura.
Ho studiato e continuo a studiare la vigna e il vino ed è con la conoscenza che si può fare il vino biologico e non con l’approssimazione.
Qual è l’etichetta aziendale che più vi rappresenta?
Ogni componente della famiglia ha un’etichetta preferita.
La mia è Myria un Fiano spumante metodo Charmat. Il legame con questa bottiglia nasce dal fatto che, quando abbiamo iniziato a produrre spumanti con questo metodo, nella nostra zona erano in pochissimi a farlo e quasi nessuno gestiva l’intero ciclo di lavorazione.
Ho creduto fortemente in questo progetto e oggi Myria è uno dei nostri vini più venduti e apprezzati: sempre moderno e mai banale
Diamo i numeri: quanti ettari, quanti ettolitri, quante bottiglie prodotte a oggi.
Attualmente abbiamo 70 ettari di cui 50 circa a vigneto di differenti età.
Produzione circa 7000 hl di vino
Bottiglie prodotte 200000
Crisi energetica, conflitti bellici e aumento delle materie prime. Qual è l’impatto sul settore vitivinicolo e cosa vi preoccupa maggiormente?
L’impatto è significativo: i costi sono aumentati esponenzialmente ma non abbiamo voluto adeguare i prezzi dei vini nella stessa misura, assumendoci parte dei rincari.
Quello che mi preoccupa di più è la guerra che la politica europea e nazionale sta facendo contro il consumo del vino.
Una lotta senza un reale motivo perché a mio parere bere vino moderatamente non fa male.
Inoltre la nostra civiltà, cultura, filosofia, letteratura e scienza è stata sempre associata al vino e spero che questo avvenga anche nel prossimo futuro.
Stappiamo o svitiamo? La scelta di più produttori all’uso del tappo a vite fa discutere il mondo del vino. Che ne pensate? C’è differenza nel suo impiego tra vino bianco e vino rosso?
Noi usiamo il sughero perché è un prodotto naturale e perché mi piace la gestualità e la tradizione attorno a quest’ultimo ma concettualmente e scientificamente il tappo a vite è più performante e lo userei sia sul vino bianco e sia sul rosso perché preserva meglio dall’ossidazione nel tempo.
Inoltre è più facile da chiudere per poter conservare il vino nel caso la bottiglia non fosse terminata.
Per qualcuno il futuro del vino comincia dall’etichetta, passando per la comunicazione, la fidelizzazione e l’economia circolare (come la sostenibilità). Quanto sono importanti la divulgazione e l’uso dei social-media per il vostro lavoro? Il digital marketing è una nuova risorsa per il mercato o un costo aziendale in più? Qual è il futuro del vostro vino?
I social media hanno creato nuove tipologie e strategie di comunicazione e vendita.
Un’azienda che si proietti nel prossimo futuro non può non avvalersi di questi strumenti che riescono a divulgare la mission aziendale molto più velocemente e con un impatto notevole.
Io non lo vedo come un costo passivo ma come investimento per il futuro.
Per l’avvenire aziendale vorrei produrre dei vini sempre più diversi e unici, espressione della nostra famiglia e della nostra terra e proporre dei percorsi aziendali di enoturismo che possano appassionare e divertire i visitatori.
Marketing influencer: come rendere il vino attraente per i giovani? Il settore vinicolo dovrebbe usare un linguaggio contemporaneo, collegando il vino a musica, moda e quotidianità, o concentrarsi sui dettagli tecnici che interessano solo gli esperti? Qual è la strategia giusta?
Non bisogna più fossilizzarsi sui dettagli tecnici del vino.
Spesso i contenuti social sul vino sono antiquati e noiosi allontanando i giovani che cercano dei messaggi più diretti e dinamici.
Il vino deve essere momento di convivialità, apertura mentale, divertimento come lo è sempre stato nella storia ed è su questo che bisogna puntare.
Bere vino deve ritornare di moda.
I percorsi di ricevimento all’interno dell’azienda devono essere più freschi e variegati rispetto alle classiche visite aziendali.
Bisogna combinare alle classiche degustazioni arte, musica, cinema, attività fisica ecc. in modo da far vivere all’ospite un’esperienza a 360 gradi.
L’aumento della domanda di vini low-alcohol o dealcolati sta cambiando il panorama del settore enologico? Potrebbe offrire nuove opportunità al mercato italiano del vino? Come mai i ristoranti stellati sono ancora restii ad includere questa tipologia di prodotto nelle loro carte dei vini?
Il mercato del vino low –alcohol e dealcolato offre delle grandi opportunità ma non per un’azienda come la nostra.
Gli investimenti da compiere e le strade da percorrere sono più semplici per aziende di grandi dimensioni e con una struttura diversa dalle aziende famigliari che puntano alla produzione di vini identitari.
Inoltre, considero questi prodotti come bevande che hanno ben poco in comune con il vino, sia dal punto di vista sensoriale che per la felicità e la gioia che (a mio parere) trasmettono quando vengono bevuti.
Probabilmente, in futuro, troveranno spazio anche nei ristoranti più blasonati ma un pranzo stellato senza l’abbinamento con un vino resta un’esperienza incompleta.
Chi ama il vino continuerà a sceglierlo, con l’alcol.
Non tutti sanno che…
Non tutto lo spumante è Prosecco! 😉

Autore
- ANTONIA MARIA PAPAGNO. Una vita sotto il segno del wine&food, divento sommelier AIS in tempi non sospetti. Enotecaria per alcuni anni, ora mi occupo di formazione e di consulenza per ristoranti e cantine private. Assaggio oli e vini per mestiere e per amore della mia terra. Scrivo di ciò che mi appassiona e amo.-- Visualizza tutti gli articoli