Terra Mia: Cantina d’Araprì
- Antonia Maria Papagno
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Da sempre l’uomo e il vino hanno avuto storie parallele ma negli ultimi anni fare il vignaiolo è divenuto un mestiere d’arte.
La nuova consapevolezza del rispetto per la natura e la tutela dell’ambiente impongono al produttore obblighi etici e morali. Oggi più che mai rispettare il ciclo di un ecosistema vitale tra vigna, uomo e territorio significa fare vino secondo natura ed essere custodi di un territorio. Fare vino è un lavoro di passione, sacrificio e attesa.
Ecco alcuni esempi di produttori di sogni e di vino che abitano i luoghi a me più cari.
Tre amici, legati dalla passione per il vino e l’amore per le loro terre, fondano nel 1979 la cantina d’Araprì nel territorio di San Severo in provincia di Foggia. La cantina prende il nome dalle iniziali dei fondatori: Girolamo D’Amico, Louis Rapini e Ulrico Priore.
I vigneti seguono le norme dell’agricoltura convenzionale, con suoli ricchi di calcare e argilla, ideali per la produzione di spumanti. Il clima, influenzato dal mare e dalle escursioni termiche completa il quadro perfetto per la produzione di bollicine. La vinificazione avviene in una struttura separata dal luogo della maturazione in bottiglia che si compie nelle gallerie del 700 in pieno centro di San Severo.
La cantina offre una gamma di spumanti, tra cui la mitica Riserva Nobile RN, la Gran Cuvé e la Dama Forestiera, realizzati con vitigni autoctoni del territorio, rappresentando un’eccellenza nel Metodo Classico del Sud Italia.
Viticoltori si nasce o si diventa?
Un po’ l’uno e un po’ anche l’altro. È indispensabile: il carattere, la voglia di sperimentare, di rischiare poi con la pratica e l’esperienza maturano idee e decisioni.
Secondo voi territorio e filosofia di produzione sono strettamente correlati?
Il nostro interesse insieme alla passione è nato più di quarant’anni fa, con l’approssimarsi del primo lustro di età, quando il ritorno alla memoria di situazioni e ricordi che ci hanno accompagnati durante l’infanzia, hanno fatto sorgere in noi l’amore per questo meraviglioso mondo.
Qualche difficoltà inizialmente c’è stata come la scarsa conoscenza della materia in loco, quindi la mancanza di tecnica che nella nostra zona, sud Italia, era quasi sconosciuta. La spinta maggiore, però, è venuta da quella sana voglia di riscatto che noi percepivamo e sentivamo sulla nostra pelle quando si parlava con enfasi del glorioso passato del Vino di San Severo, mentre il presente era fatto di vini dozzinali e in cisterna.
Eravamo, non a caso, nel posto giusto in quanto la Puglia rappresenta, come ambiente, un’isola felice ed ancora più la Daunia, paesaggio incontaminato e idoneo alla coltivazione della vite. Così abbiamo subito scelto quello che nell’enologia è all’apice per qualità, immagine e tecnica produttiva: lo spumante metodo classico.
La prima vendemmia non si scorda mai! La ricordate ancora? Qual è stato il vostro primo vino prodotto?
Tutti e tre noi soci veniamo da famiglie che avevano da sempre avuto contatti diretti o indiretti con il mondo vitivinicolo, la vendemmia è un qualcosa che ci portiamo dentro dalla nostra infanzia.
Per esempio personalmente (Girolamo) ricordo il periodo della vendemmia come un momento gioioso: la possibilità di andare sui carretti, di mordere il grappolo d’uva con la rugiada alle prime luci dell’alba, di pigiare con i piedi nei palmenti l’uva, il rumore delle presse (din – don) sino alla sera tardi.
Con il vino fatto nella cantina di mio padre a base di Bombino Bianco e Trebbiano Abruzzese abbiamo iniziato a fare le prime prove di spumantizzazione. Poi abbiamo intuito che il Trebbiano non era idoneo e ci si è focalizzati sul Bombino e poi successivamente: il Montepulciano, il Pinot Nero e per ultima l’Uva di Troia.
Si coltiva in biologico e poi in cantina che succede? Come viene trattata l’uva accuratamente allevata?
La nostra coltivazione dei vigneti è tradizionale con sistemi a basso impatto ambientale come la lotta guidata.
La ricerca della qualità parte dall’uva, coltivata a spalliera e pergola pugliese, che con questi cambiamenti climatici si sta dimostrando più idonea, con una densità tra i 2.500 e 3.500 ceppi per ettaro.
La produzione/ceppo più modesta consente non solo un maggior titolo zuccherino, che spesso non è essenziale per la preparazione di basi spumanti, ma soprattutto modifica il rapporto tra acido malico e acido tartarico, essenziale per una base spumante particolarmente fine e per disporre di un pH basso.
La raccolta dell’uva avviene manualmente in cassette per far sì che la qualità dell’uva che giunge in cantina sia la migliore possibile, come conservazione dell’integrità del frutto, essendo noti i pericoli che possono derivare da una precoce ammostatura con cessione di polifenoli pericolosi.
Qual è l’etichetta aziendale che più vi rappresenta?
Sicuramente la Riserva Nobile oggi RN che viene prodotta dalle sole uve di Bombino Bianco e vinificata in botte. È il prodotto che ha portato il nostro vitigno autoctono a farlo conoscerlo ad un vasto pubblico ed con più riconoscimenti tra gli addetti ai lavori.
Diamo i numeri: quanti ettari, quanti ettolitri, quante bottiglie prodotte ad oggi.
Oggi abbiamo 14 ettari di vigneti di nostra proprietà più 3 in affitto, suddivisi tra Bombino Bianco, Pinot Nero, Moltepulciano ed Uva di Troia, la prevalenza è a pergola pugliese, mentre due ettari sono a spalliera. Produciamo mediamente 1.500 ettolitri di vino base da cui otteniamo circa 200.000 bottiglie di spumante metodo classico.
Tutto il vino che produciamo lo trasformiamo in spumante.
Qual è ad oggi il vostro traguardo più grande?
Il 2019 è stato un anno molto importante e forse il sogno che diventa realtà, ovvero si è avviato il cambio generazionale.
I padri sono ora affiancati dai figli: Anna d’Amico, Daniele Rapini e Antonio Priore, con l’obiettivo di potenziare la promozione all’estero e creare, con l’aiuto delle altre cantine, un distretto spumantistico della Capitanata per rendere riconoscibile l’area e il metodo di produzione.
Le Cantine D’ARAPRI‘ da sempre sono attive per lo sviluppo della cultura intorno al vino, nel solco della valorizzazione del territorio. In tal senso dal 2002 è stato riportato ad antico splendore un bellissimo spazio annesso alla cantina, a cui è stato dato il nome di ARCA (ARte in CAntina). Il restauro, realizzato con grande perizia filologica dall’architetto Giovanni Di Capua, permette di leggere tutte le fasi costruttive della Città, che vanno dal Medioevo al Settecento, in un esito di grande suggestione, accresciuta dalla memoria storica della prigionia che qui subirono due eroiche figure del nostro Risorgimento: Morelli e Silvati.
Con quale varietà d’uva che non allevate vi piacerebbe misurarvi?
Un sfida importante è stata con l’Uva di Troia che è la base della nostra Sansevieria, ultima nata la cui prima bottiglia è stata presentata nel 2019 (vendemmia 2015) in occasione dei nostri quarant’anni di attività. Altre varietà ad oggi non saprei dirvi, in ogni caso sempre uve del territorio.
Che rapporto avete con gli altri produttori del vostro territorio? Esistono condivisioni e interessi comuni?
Sono da alcuni anni e ancor di più da quando i nostri figli ci affiancano, che stiamo portando avanti un progetto per la nascita di un distretto spumantistico della Daunia. Ad oggi sono in atto attività di promozione con altri quattro produttori di bollicine di San Severo che vede il GAL Daunia come collante.
Molte aziende di vino con vigne e cantina si sono organizzate per l’accoglienza e il soggiorno oltre che per visite, tour e assaggi. C’è differenza tra turismo ed enoturismo per voi? La scelta di raccontare tutto ciò che gira intorno al vino e al servizio offerto a scapito del prodotto è giusta?
Noi è da tempi non sospetti che accogliamo i turisti del vino. Agli inizi degli anni novanta siamo stati tra i primi soci ad aderire al Movimento Turismo del Vino di Puglia. Il vino è cultura, E. Hemingway diceva il vino segna la civiltà dei popoli. L’eno-turismo correda l’attività ordinaria e straordinaria della cantina.
Sicuramente è l’attività che connette il cliente finale con il produttore dando la possibilità di trasmettere la visione aziendale e raccontare il luogo cantina e il lavoro svolto in cantina. In base alle dimensioni dell’azienda è previsto o meno un personale addetto, ma in ogni caso è un modo per valorizzare ancora di più il prodotto.
Per qualcuno il futuro del vino comincia dall’etichetta, passando per la comunicazione, la fidelizzazione e l’economia circolare (come la sostenibilità). Quanto sono importanti la divulgazione e l’uso dei social-media per il vostro lavoro? Il digital marketing è una nuova risorsa per il mercato o un costo aziendale in più? Qual è il futuro del vostro vino?
Secondo noi, e lo è sempre stato, il futuro del vino comincia prima di tutto dalla qualità e segue con tutto il resto. Sicuramente la comunicazione è un aspetto fondamentale.
Il nostro migliore strumento di pubblicità è sempre stato il passaparola tra i consumatori che assaggiavano i nostri prodotti e che a loro volta parlavano di noi elogiandoli e oggi a maggior ragione con l’avvento dei social-network e con il digital marketing ha rafforzato questo aspetto. Questa nuova risorsa però deve essere utilizzata nel modo giusto perché potrebbe risultare controproducente. Attualmente per noi questa opportunità non è un costo dal momento che il tutto viene ancora curato direttamente da noi.
Si diventa vecchi ma mai quanto una vigna che ci sopravvive. Dove vi trovo tra 20 anni?
Noi può darsi che non ci saremo più, ma confidiamo che i nostri figli continuino l’opera che abbiamo avviato. Senz’altro il contesto sarà cambiato o potrà cambiare, ma ci aspettiamo che loro continuino sulla nostra stessa strada ed abbiano come faro la qualità del prodotto.
Non tutti sanno che…
Non tutti sanno che quando abbiamo festeggiato il venticinquesimo anniversario della cantina, la bottiglia celebrativa Cuvée Annett è stata dedicata alla mamma di Girolamo d’Amico. E’ stata la prima ad assaggiare i nostri spumanti e a guidarci sulla strada giusta.
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