Terra Mia: Cantina Polinas e Cantina Di Legami

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Da sempre l’uomo e il vino hanno avuto storie parallele ma negli ultimi anni fare il vignaiolo è divenuto un mestiere d’arte.

La nuova consapevolezza del rispetto per la natura e la tutela dell’ambiente impongono al produttore obblighi etici e morali. Oggi più che mai rispettare il ciclo di un ecosistema vitale tra vigna, uomo e territorio significa fare vino secondo natura ed essere custodi di un territorio. Fare vino è un lavoro di passione, sacrificio e attesa. 

Ecco alcuni esempi di produttori di sogni e di vino che abitano i luoghi a me più cari. 

 

L’enologo sardo Sebastiano Polinas eredita, insieme al fratello Giovanni, la passione per il vino e le vigne di famiglia. In soli pochi anni Sebastiano diventa protagonista della viticoltura di Bonnanaro, un comune in provincia di Sassari, coltivando le sue vigne disposte sulle colline incontaminate del Meilogu (sub-regione del Logudoro).

I terreni sciolti, ricchi di micro e macro elementi insieme al clima favorevole, consentono la coltivazione in biologico di uve sane e integre per la vinificazione.

Il matrimonio con la Sicilia arriva proprio con la moglie Gabriella, comproprietaria di 40 ettari vitati nella provincia di Trapani (zona vinicola di grande rilievo per la fertilità dei terreni e per il clima mediterraneo).

Da sempre convinto che la coltivazione in biologico e la produzione del vino debba seguire rigidi protocolli di sostenibilità ed etica, segue con impegno le sue aziende vinicole: Cantina Polinas in Sardegna e Cantina Di Legami in Sicilia.

 

Viticoltori si nasce o si diventa?

Sicuramente lo si può diventare ma quando si cresce in una famiglia di viticoltori da diverse generazioni è come portare dentro di se dei particolarissimi geni che segnano la propria esistenza, allora all’esperienza e al metodo di lavoro si associa qualcosa di profondamente viscerale: l’amore per la vite ed il vino che diventa quasi unica ragione di vita. Può un uomo mai vissuto in campagna inventarsi viticoltore? Sì, ma mancherà sempre qualcosa: essere viticoltori con dote innata!

 

Secondo voi territorio e filosofia di produzione sono strettamente correlati?

Ogni territorio ha le sue peculiarità, i suoi punti di forza e i suoi punti critici ed in ognuno di essi si svilupperanno alcuni vitigni piuttosto che altri e così prevarranno alcune filosofie di lavoro, radicate nella storia che porteranno a creare vini unici che solo in determinati terroir potranno esprimere quelle determinate particolarità. Mi viene in mente il territorio sardo del Mandrolisai, di Oliena, di Mamoiada, o quello siciliano, come Marsala (soprattutto nel passato), le isole di Pantelleria o Salina. Generare vini fortemente territoriali è questa la forza della viticoltura del passato, del presente e soprattutto del futuro

 

La prima vendemmia non si scorda mai! La ricordate ancora? Qual è stato il vostro primo vino prodotto?

Ho fatto tante vendemmie e da ragazzino ho sempre aiutato mio padre nella produzione di vino, seppur artigianale, da garage, ma la mia prima vera vendemmia è stata da studente universitario in Viticoltura ed Enologia dell’Università di Torino.

Era l’anno 2000 a Pieve di Teco in Liguria presso la cantina Lupi. Fu una esperienza indimenticabile, formativa e passionale. Allora capii che quella era la mia vita e probabilmente non avrei potuto fare altro. Ricordo di aver vinificato Vermentino e Pigato ma anche dell’Ormeasco o del Rossese di Dolceacqua. Il Vermentino più importante di quella esperienza sicuramente il Vignamare, una espressione eccellente di Vermentino affinato in barriques.

In Sardegna i primi vini etichettati con marchio Polinas sono stati nell’annata 2017: annata difficile in quanto una gelata primaverile ci portò via il 70% del prodotto. Ma produrre quel 30% rimasto, minacciato oltretutto da una forte siccità, fu una conquista romantica e aggiungerei pure eroica.

In Sicilia invece ricordo con altrettanto entusiasmo la vendemmia 2006 nella quale partendo da 600 litri di vino, interamente prodotto artigianalmente demmo inizio ad un bel progetto vitivinicolo ricco di soddisfazioni.

Si coltiva in biologico e poi in cantina che succede? Come viene trattata l’uva accuratamente allevata?
Si coltiva in bio, seguendo dei rigidi protocolli in certi casi seguendo le fasi lunari e portando in cantina un uva sana e senza residui chimici e in cantina che si fa? Sicuramente l’enologo può solo accompagnare i grappoli alla loro trasformazione in mosto e successivamente in vino senza che questo si allontani troppo dalla terra e dal vitigno che lo ha generato e questa dovrebbe essere la missione di ogni produttore.

Inoltre Il concetto di basso impatto ambientale dovrebbe continuare in cantina utilizzando basse dosi di anidride solforosa e solo coadiuvanti di origine naturale ed è fondamentale l’utilizzo della tecnologia per garantire l’alta qualità possibilmente auto producendo l’energia consumata con sistemi di energia alternativa.

 

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Qual è l’etichetta aziendale che più vi rappresenta?

Essendo produttore sardo e siciliano (di adozione) sono legato a due vini, il Vermentino ed il Grillo. Sono due vini diversi ma con alcune caratteristiche che li accomuna e che mi appassiona coltivare e vinificare. Non posso però neanche mettere in secondo piano il Cannonau ed il Perricone, vitigni delle due isole dalla storia importante che tante soddisfazioni mi regalano ogni anno.

Diamo i numeri: quanti ettari, quanti ettolitri, quante bottiglie prodotte ad oggi.
In Sardegna solo 3 ettari ma sono le terre di mio padre che ha lasciato a me e mio fratello dal forte impatto emotivo e 40 ettari in Sicilia, a Trapani e Castellammare del Golfo, le terre della famiglia di mia moglie Gabriella. In Sardegna 9000 bottiglie tra Vermentino e Cannonau ed in Sicilia 50.000 bottiglie tra: frizzante, spumante metodo classico, vini fermi bianchi e rossi.

La filosofia di produzione tra Sardegna e Sicilia è sempre uguale: fare vino di alta qualità seguendo con orgoglio una certa etica che viene sempre prima del business e delle mode enologiche del momento. Produrre vini rispettosi del territorio e del vitigno di appartenenza esaltandone le peculiarità.

 

Qual è ad oggi il vostro traguardo più grande?

Quello che devo ancora raggiungere! Da consulente enologico ho conseguito con un vino bianco la Gran Medaglia d’oro (l’unica italiana di quella edizione), ad un concorso Internazionale Mondiale di Bruxelles.

In seguito tante altre medaglie e riconoscimenti, sia con i vini sardi e sia con i siciliani ma i veri traguardi per me sono il posizionamento su un gradino di qualità alto, l’affermazione su mercati e avere collaboratori validi, che sono beni sempre più rari!

 Con quale varietà d’uva che non allevate vi piacerebbe misurarvi?

Sarebbero tante ma su tutte mi piacerebbe misurarmi con il Sauvignon Blanc, coltivato dove dà le sue espressioni migliori, come il Sud Tirolo o il Friuli o la Nuova Zelanda.

 Che rapporto avete con gli altri produttori del vostro territorio? Esistono condivisioni e interessi comuni?

Ci sono aziende con le quali ho buoni rapporti e condivido le esperienze portando il confronto in primo piano. Tutto ciò è motivo di crescita e riflessione sul mio operato.

Spesso invece molti produttori si chiudono in se stessi mostrandosi impenetrabili al confronto con un velo di superiorità ed escludo quasi sempre questa categoria di persone dalla mia sfera di vita professionale.

 Molte aziende di vino con vigne e cantina si sono organizzate per l’accoglienza e il soggiorno oltre che per visite, tour e assaggi. C’è differenza tra turismo ed enoturismo per voi? La scelta di raccontare tutto ciò che gira intorno al vino e al servizio offerto a scapito del prodotto è giusta?

Bella cosa l’accoglienza in cantina, mostrandosi disponibili ad aprire le porte della propria azienda ma per fare questo serve essere strutturati. Serve il personale preparato ed una bella cantina per rendere indimenticabile l’esperienza agli enoturisti.

Credo che però alla base serva sempre il prodotto di alta qualità che deve sempre essere più importante di tutto il resto perché il turista del vino si colpisce con l’immagine ma se il vino non è all’altezza della situazione si ricorderà solo di quattro mura, di due botti e non del vino e questo non può essere concepito.

 

Per qualcuno il futuro del vino comincia dalla etichetta passando per la comunicazione, la fidelizzazione e l’economia circolare (come la sostenibilità). Quanto sono importanti la divulgazione e l’uso dei social media per il vostro lavoro? Il digital marketing è una nuova risorsa per il mercato o un costo aziendale in più?  Qual è il futuro del vostro vino?

Questa è la domanda del secolo, grazie per avermela posta. La qualità del prodotto deve stare alla base sempre e il packaging in linea con la propria filosofia. Il marketing e la comunicazione sono pure fondamentali per il successo sul mercato. Una piccola azienda spesso si ferma all’etichetta, alla creazione del logo, dell’immagine coordinata e del sito internet, magari fa delle campagne social di quattro o sei mesi e poi si ferma per i costi esorbitanti che ha questo comparto.

Oggi le aziende sono sobbarcate di spese impressionanti in campo ed in cantina e spesso il digital marketing è visto come una spesa evitabile e non come una opportunità per far crescere il fatturato. Quindi che si fa? Qualche post qua e là, si partecipa a delle fiere senza un minimo di preparazione comunicativa e si sperperano delle risorse sperando nel colpo di fortuna ma oggi il mercato è saturo e ha bisogno di persone capaci che non possono prescindere da una buona strategia di comunicazione.

 

Si diventa vecchi ma mai quanto una vigna, che ci sopravvive. Dove vi trovo tra 20 anni?

Tra vent’anni ne avrò settanta! Ma spero che uno dei miei figli o dei miei nipoti abbia la voglia e la forza di continuare in questo progetto delle due isole vinicole bello ed affascinante.

Mia moglie Gabriella, Giuseppe mio cognato, mio fratello ed io ci sacrifichiamo giornalmente per tenere in piedi l’azienda in un momento particolare della storia del vino, dove fare BIO in annate difficili è molto complicato, dove la domanda del vino è inferiore all’offerta, dove i costi sono diventati insostenibili ma è pur vero che per i vini di alta qualità lo spazio di mercato si troverà sempre. Questa è la mia convinzione.

E quindi tra vent’anni saremo ancora qui a lottare con le nuove generazioni al nostro fianco che magari troveranno nuovi sbocchi commerciali in tutto il mondo.

 

Non tutti sanno che…
Un enologo passa ormai il 50 – 60% del suo tempo a compilare registri e carte e che invece dovrebbe stare in vigna e cantina e girare il mondo per promuovere i propri vini e aggiornarsi continuamente.

Inoltre non tutti sanno che i ragazzi di oggi stanno modificando i consumi di vino e stanno cambiando il modo di produrlo. I vini rossi, quelli ben fatti, corposi con estratti e tannini importanti stanno subendo una certa crisi a favore di spumanti, vini bianchi, rosati e rossi giovani e fruttati.

Il mondo del vino sta vivendo, di riflesso, un certo cambiamento culturale del mondo e della società. Un cambiamento livellato verso gli aspetti più semplici, più frivoli e meno impegnativi della vita: conoscere ma velocemente senza grande impegno, approfondire quanto basta, ascoltare musica facile e commerciale, mangiare cibo di scarsa qualità dei fast food.

In questo modo chi ne piange le conseguenze? I libri, il teatro, i musei, il cantautorato e così via, compresa la parte nobile dell’enologia, il vino rosso di qualità TOP. Lo sto vivendo con il Cannonau questo momento, lo dovrò trasformare in base spumante metodo classico? Vedremo!

 

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https://polinaswines.com/

https://cantinedilegami.it/

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