“Travel with us”: il nuovo menù di Freni & Frizioni
- Stefano Gallerani
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Dopo aver superato – si spera definitivamente – la gimcana di quest’ultimo anno e mezzo di lockdown e coprifuoco, il nuovo menù uscito dal laboratorio di Riccardo Rossi e soci è puro stile Freni e Frizioni.
Stampato su unico foglio pieghevole, come da tradizione per l’high-volume cocktail bar di Roma, “Travel with us” – questo il nome del menù – si spiega davanti agli occhi assetati dei clienti come una vera e propria cartina. E mai come in questo caso la metafora è azzeccata: i dodici cocktail che lo compongono, infatti, corrispondono a altrettanti quartieri iconici di città che vanno da un capo all’altro del mondo: Inghilterra o Messico, Grecia o Giappone, Francia o Russia. La sfida – restituire di ciascun posto un’idea, un’atmosfera che chiami a raccolte suggestioni di diversa estrazione (dai sapori agli odori, dal cinema alla musica) – è senza dubbio (av)vincente. E vinta. Così come la distribuzione delle tappe di questo straordinario viaggio, che va da cocktail “d’ingresso” – accattivanti e dissetanti – fino a pozioni per “chiudere” – più robuste e strutturate. Fil rouge di tutte le ricette, l’attenzione per la complessità (ma non per la complicazione) e, più che mai, il corretto bilanciamento degli ingredienti, di modo che mai nessuno prevalga in maniera eccessiva sull’altro ma tutti contribuiscano, appunto, a ricreare, sorso dopo sorso, la magica illusione di trovarci, foss’anche per il tempo di una bevuta, sotto la pioggia pungente di una giornata di primavera a Londra o tra il finire dei grilli a contemplare da una roccia la magnificenza del Partenone.
Ma entriamo nel merito. Subito, menzione speciale per i long-drink con cui vi consiglio di cominciare il vostro percorso:
“Malecon” e “Bastille”. Con il primo, grazie al sapiente dosaggio di rum, aguardiente, liquore di fave tonka e una soda tropicale di produzione propria, non si potrà non avere la netta impressione di essere appena passati dal Malecon – il leggendario lungomare cubano – alla sabbia finissima delle spiagge di Varadero. Con il secondo, invece, tra vodka alla pera francese, cordiale alle mele e liquore di sambuco, sarete subito pronti, come il protagonista di Midnight in Paris, a vivere un sogno a occhi aperti nella capitale parigina, dal quartiere Bastille alle pietre del Marais, accompagnati dal clarinetto scintillante di Sidney Bechet (Si tu vois ma mere).
A seguire, discorso a parte per il “French Quarter”, di fatto un Vieux Carré in maschera, ispirato ai ritmi e ai colori creoli di New Orleans: una festa per gli occhi prima ancora che per il palato (anche se non gli guasterebbe una “spinta”, che so?, magari a base di anice); di fatto, il ritorno in grande stile, direttamente dal film Cocktail, del blue curaçao.
Dalla Lousiana, è poi il caso di spostarsi verso sud.
Più esattamente, fino in Perù, con il “Barranco”, servito in un rock-glass che abbraccia tanto il Pisco sudamericano – di casa da Freni – che l’italianissimo rosolio di bergamotto; e poi, ancora, verso il Brasile, per continuare a sognare l’estate sul bagnasciuga di “Copacabana” che sa di lime, cachaça e banana. Al centro del vostro itinerario, poi, una traiettoria che, come nei film di Indiana Jones si muove da Città del Messico a Tokyo passando per Londra: a lasciar parlare le papille gustative, “Coyoacan” – a base, tra gli altri, di agave (tequila e mezcal) e cafè de olla – è ricco come un taco, impertinente come il chili e gustoso quanto un mole. Servito in una ciotola, “Shibuya” è (Nothing) Lost in Translation: la quintessenza di un ramen ghiacciato (come a dire: pagode e grattacieli), con l’umami del miso, l’acre del lime, i profumi del gin infuso ai fiori di ciliegio, gli aromi del sakè e il dolce della canna da zucchero.
Pensato per l’East End di Londra, tra i confini riconvertiti di un quartiere industriale, “Shoreditch” potrebbe benissimo essere servito anche Wimbledon durante il torneo di tennis più prestigioso del mondo: un White Lady 2.1 (con gin alla vaniglia) dalla consistenza setosa (la spuma di liquore di miele e vino) che ricorda sia l’africa coloniale (la presenza del frutto della passione) che la campagna a Nord della capitale inglese (l’aceto di fragole). A dare un sano tocco snobbish, il side di champagne a mo’ di shot che accompagna la coppetta. Prima di passare ai cocktail più robusti, vi consiglio di fare un salto a Atene e pulirvi la bocca facendo sosta con il “Gazi”, cremoso e rinfrescante come un sorbetto che sa di tzatziki.
Dopo questa breve pausa, la partita se la giocano New York e San Pietroburgo:
una sorta di Tre giorni del condor contro La casa Russia. Per i newyorchesi, scendono in campo le anime multietniche del “Lower East Side”: whiskey irlandese, vermouth ambrato italiano, bergamotto, mirtilli rossi e un ciliegioso cordiale di… Dr Pepper chiudono il nuovo Manhattan di Freni. Oltrecortina – come si sarebbe detto una volta – si schierano la vodka infusa al sedano, l’acqua di pomodoro, un pizzico di acidità, un mix di polugar (il nonno della vodka), salvia e limone per un’invisibile e essenziale rivisitazione del Bloody Mary: “Rubinstein”.
Last but not least, da Barcellona, il mio preferito:
“Raval”. Un incrocio leggermente amaricante tra un Old-Fashioned e un Negroni, dal sapore persistente ma non prepotente e con una fascia aromatica che resiste alla beva, cioè alla diluizione naturale del drink. I suoi ingredienti? Brandy spagnolo invecchiato, rum venezuelano, sidro, bitter, triple sec, sherry pedro ximenez, sciroppo di pimento e fake lime. Una line up che, forse leggermente semplificata (con una sostituzione più abbordabile degli ultimi due), potrebbe far entrare il “Raval” di diritto, a mio avviso, nella prestigiosa schiera dei New Era Drinks.
Ovviamente, oltre a aver tirato fuori questa nuova lista, la squadra dietro al bancone di Freni – oltre a Riccardo Rossi, Manuel Di Cecco, Daniele Gambucci, Michela Scalzo, Luca Fanari, Chin de Guia e tutto lo staff – è sempre pronta a rispolverare evergreen dalle loro vecchie carte (gli intramontabili “The Bitter End” o “Mezcalita”, solo per citarne un paio) e a preparare “a mestiere” i vostri classici preferiti.
Pure, datemi retta, solo una cosa è più emozionante di ascoltare racconti di viaggio: viaggiare. Anche con un bicchiere. La stazione di partenza ormai la conoscete: è nel cuore di Roma, quartiere Trastevere, a Via del Politeama 4. Che aspettate? Buon viaggio.
www.freniefrizioni.com
Stefano Gallerani è nato il 4 ottobre del 1975 a Roma, dove vive lavorando in televisione. Suoi articoli e saggi sono apparsi su «Alias», supplemento letterario de «il manifesto», “l’Unità”, “Il Mattino” e “Playboy”. Collabora con le riviste «Il Caffé Illustrato» e «L’Illuminista». Altri contributi sono apparsi su “Nuovi Argomenti”, «Alfabeta2», «Il Giannone», «Allegoria» e «Reportage». Nel 2014 ha pubblicato “Albacete” (Lavieri). Il suo ultimo libro. “A Buenos Aires con Borges” è uscito nel giugno scorso per i tipi di Giulio Perrone Editore.