Vis à vis con Francesco Di Rosa
Inizia su una strada non asfaltata, con una scarsa fornitura idroelettrica e poca affluenza, la straordinaria storia della pasticceria Di Rosa a Giugliano, Napoli.
Fondata nel 1982 da Vincenzo Di Rosa, questa pasticceria è il frutto di una passione incrollabile per l’arte dolciaria, nata e cresciuta nonostante le difficoltà.
Perseveranza, ambizione e dedizione hanno accompagnato Vincenzo, trasformando ogni alba in una nuova sfida.
I dolci, autentiche opere d’arte, hanno conquistato il cuore della regione, portando fama e prestigio alla sua attività.
Oggi, sotto la guida del figlio Francesco, la tradizione continua a brillare.
Cresciuto tra i profumi della pasticceria e i consigli paterni, Francesco ha saputo combinare la maestria artigianale con l’innovazione, espandendo la fama del marchio Di Rosa in tutta Italia e oltre.
La pasticceria è diventata un punto di riferimento non solo locale, ma internazionale, portando con sé la passione e i sapori della famiglia Di Rosa in tutto il mondo.
Come nasce la Sua passione per la pasticceria?
“Da piccolo ho sempre avuto la passione per le cose che crescono e si sviluppano. In famiglia, c’erano vari parenti imprenditori, e sentirli parlare mi faceva ribollire il sangue. Mio padre, che lavora ancora con me in pasticceria, ha sempre temuto l’idea di un’impresa perché la vedeva come una gabbia. Ma io l’ho colta al volo, anche perché la nostra famiglia ha sempre parlato di dolci. Sono praticamente nato in pasticceria: ho vissuto lì giorno e notte, il laboratorio per me era casa”.
Qual è stato il momento in cui ha capito che la sua filosofia: “Fare ciò che gli altri non fanno” poteva distinguerla in questo settore?
“Non mi sono mai considerato il miglior pasticciere del mondo. Ho sempre creduto che ci fossero persone migliori di me in alcuni aspetti. Il mio obiettivo è sempre stato quello di creare un prodotto unico, qualcosa che gli altri non potessero imitare facilmente. Questo mi ha spinto a innovare, prendendo ispirazione da realtà come Apple, che ha saputo distinguersi rendendo i propri prodotti esclusivi e non comparabili con altri”.
Cosa pensa dell’intelligenza artificiale in cucina?
“Non sono un grande sostenitore dell’intelligenza artificiale in cucina. Credo che l’unicità di un prodotto debba derivare dall’artigianalità e dalla personalità di chi lo crea. Usare l’intelligenza artificiale potrebbe standardizzare i prodotti, facendo perdere quella particolarità che rende unico ogni pasticciere”.
Mi può raccontare del percorso che ha portato Golociok a diventare un brand nazionale.
“Golociokè nato come biscotto natalizio pensato per i giovani, per colmare il vuoto lasciato dai dolci tradizionali come roccocò e mostaccioli, che spesso non sono apprezzati dai giovani. Il biscotto ha avuto un successo inaspettato e, grazie a una serie di eventi, tra cui una spedizione a Ferrero che ha scatenato una serie di situazioni, è diventato un brand richiesto tutto l’anno”.
Come riesce a bilanciare tradizione e innovazione nella tua pasticceria?
“Bilanciare tradizione e innovazione non è facile. Ho avuto la fortuna di avere un padre che ha capito quando era il momento di farsi da parte per lasciarmi spazio. Abbiamo mantenuto salde le radici della tradizione, innovando però nei metodi di produzione e vendita per offrire ai clienti un’esperienza unica e al passo coi tempi”.
Immagina di dover creare un piatto che racconti il territorio in cui vivi. Quali ingredienti utilizzeresti?
“Giugliano è una terra semplice, e creerei un dolce altrettanto semplice come il “Sempliciotto”, un biscotto rustico al burro con zucchero di canna, che riflette la genuinità della nostra gente”.
Tra gli elementi fondamentali della pasticceria c’è il lievito madre. Cosa le affascina di più di questo ingrediente?
“Il lievito madre mi affascina perché è un elemento vivo, qualcosa che devi accudire e mantenere nel tempo, altrimenti muore.
È come un essere umano: si nutre di acqua e farina e ti “comunica” quando ha bisogno di essere nutrito. Se non lo tratti bene, può ammalarsi, diventare acido e rovinare il prodotto finale.
Questo rende il lievito madre un ingrediente unico e vivo, che richiede cura e attenzione costante. Il lievito madre è affascinante perché, nonostante sia solo una miscela di acqua e farina, è capace di trasformare gli ingredienti in qualcosa di straordinario. Se lo nutri correttamente, diventa la base per creare pane e pizza dal sapore e profumo inconfondibili.
Quando lo rinfresco, l’odore che si diffonde in cucina è incredibile. Lo stesso profumo si ritrova nei prodotti finiti, come la pizza o il pane appena sfornati. È un’esperienza sensoriale completa. Quando lavori con il lievito madre, senti un legame profondo con l’ingrediente.
È come riconoscere il profumo di una persona amata: ti dà una sensazione di familiarità e piacere. Ogni lievito ha il suo odore e sapore unici, e questo rende ogni prodotto speciale. Usare il lievito madre è prendersi cura di qualcosa di vivo, e questo legame si riflette nel gusto e nel profumo del prodotto finale”.
Come nasce l’idea del libro?
“L’idea del libro nasce dal mio amore per la lettura. Ogni giorno devo dedicare almeno un’ora alla lettura, che sia a pranzo, la sera o al mattino. Leggo di tutto, ma sono particolarmente appassionato di biografie, ne ho lette tante, anche quelle di personaggi come Ibrahimovic. Ho capito che scrivere un libro è un modo per lasciare qualcosa di eterno. Quando una persona muore, lascia dietro di sé ricchezze e beni materiali, ma un libro resta per sempre, è un testamento duraturo che può essere ripreso anche dopo molti anni.
Ho scritto il libro usando un iPad e una tastiera comprata dai cinesi. Poi l’ho portato in una casa editrice in Sicilia, l’hanno letto e mi hanno detto di crederci e farlo. Non ho voluto modificare nulla, ho chiesto solo di correggere gli errori, senza aggiungere parole difficili, perché il lettore deve avere la sensazione di parlarmi direttamente. Volevo che il libro riflettesse il mio linguaggio semplice e diretto, come se fossi un contadino che racconta la sua storia. Ha in mente di scriverne altri?
Sì, ma non subito. Ho scritto questo libro per i miei 40 anni. Ora ho un obiettivo da raggiungere: sto studiando economia e commercio e frequentando master per migliorare la gestione dei numeri, bilanci, entrate e uscite. Una volta completato questo percorso, tra tre o quattro anni, potrei scrivere un altro libro”.
Quali sono le principali sfide nel mantenere standard elevati in un settore sempre più competitivo?
“La sfida principale è avere chiari i propri obiettivi. Oggi è difficile distinguersi perché tutto è accessibile su internet. Se crei un nuovo dolce, qualcuno potrebbe averlo già fatto o criticarlo online. Devi essere convinto di ciò che fai, non lasciarti scoraggiare e continuare per la tua strada. Anche se il tuo prodotto non è immediatamente apprezzato, se credi in ciò che fai, devi andare avanti senza fermarti”.
Cosa consiglierebbe a chi vuole innovare in questo settore?
“Il mio consiglio è di non arrendersi al primo ostacolo. Se sei sicuro del tuo lavoro e del suo valore, vai avanti. Non farti influenzare da ciò che dicono gli altri o da cosa c’è in giro. Continua per la tua strada con determinazione, perché è l’autenticità che alla fine premi”.
Qual è la sua ricetta del cuore?
“La mia ricetta del cuore sono i lievitati, come il panettone e la colomba, per il fascino che mi trasmette il lievito madre. Il lievito è vivo, richiede cura e attenzione, e ogni volta che lo utilizzo, sento un legame profondo con la mia passione per le cose che crescono e si trasformano”.
Autore
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Anna Calì, classe ’96. Nelle sue vene scorre la lava del Vesuvio e la passione che contraddistingue il popolo napoletano. Giornalista di professione e con la passione dei libri sin da piccola. Adora annusarli e, quando va nelle librerie, si perde tra gli scaffali ad osservare le copertine. Grazie a questa passione è riuscita a mettere in campo due sogni nel cassetto: il primo, recensisce i libri che legge, esperienza che fa bene sia al corpo che alla mente. La seconda: è diventata anche scrittrice e ha pubblicato già due romanzi.
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