Vis à vis con Peppe Guida
Peppe Guida, chef patron dell’Antica Osteria Nonna Rosa, è un nome che evoca la cucina campana più autentica.
Dal piccolo borgo di Montechiaro, sulla Costiera Sorrentina, è riuscito a conquistare le stelle Michelin e il cuore di milioni di appassionati di gastronomia.
La sua storia è un esempio di passione, tenacia e amore per la cucina.
Nato e cresciuto a Montechiaro, Peppe Guida ha sempre avuto una profonda connessione con la sua terra e i suoi prodotti.
Dopo aver lavorato in diversi ristoranti della Costiera Amalfitana, decide di aprire la sua osteria, un luogo dove poter esprimere la sua creatività e la sua passione per la cucina.
L’Antica Osteria Nonna Rosa, inaugurata nel 1994, è diventata ben presto un punto di riferimento per gli amanti della buona cucina. La stella Michelin conquistata nel 2014 è stata il riconoscimento di un percorso fatto di passione, dedizione e ricerca della perfezione.
La cucina di Peppe Guida è un omaggio alla tradizione culinaria campana. Lo chef utilizza esclusivamente prodotti locali e di stagione, valorizzando la biodiversità del territorio. La sua filosofia è semplice: “La cucina è un atto d’amore verso la terra e verso le persone”.
Peppe Guida non si ferma mai.
Nel 2018 apre Villa Rosa – La Casa di Lella, un luogo incantato dove la natura incontra la cucina. Inoltre, ha lanciato una linea di prodotti gastronomici, realizzati con ingredienti di alta qualità e selezionati con cura.
Peppe Guida è diventato un ambasciatore della cucina italiana nel mondo. Grazie ai suoi libri di cucina, ai suoi programmi televisivi e alla sua presenza sui social media, ha conquistato un pubblico sempre più vasto di appassionati di gastronomia.
La storia di Peppe Guida è un esempio di come la passione e la determinazione possano trasformare un sogno in realtà. La sua cucina, autentica e genuina, è un omaggio alla tradizione e un invito a riscoprire i sapori della nostra terra.
Come nasce la passione per la cucina?
“La passione per la cucina penso di averla sempre avuta fin da ragazzino, ma senza saperlo davvero. Fin da piccolo cucinavo spesso per i miei amici quando andavamo al mare.
Tornati dalla spiaggia, mi mettevo ai fornelli per preparare qualcosa: padelle di cozze, piatti dopo la partita di calcetto o anche dopo una serata di canti.
Capitava sempre a me di cucinare, ma per me finiva lì. Poi ho scoperto che c’era qualcosa di più dietro questa passione quando sono andato alle Bermuda”.
E come nasce l’antica Osteria Nonna Rosa?
“Sono tornato dalle Bermuda con una visione diversa della vita. Ero andato lì non per lavorare, ma per prendermi una pausa e riflettere. Immagina cosa significasse andare alle Bermuda 35 anni fa, a vent’anni. È stata un’esperienza che mi ha fatto capire che mi piaceva davvero il mestiere del cuoco e che forse avrei voluto farlo per la vita.
Una volta rientrato, ho cominciato a cercare lavoro in cucina, facendo esperienza in vari ristoranti della zona per capire come funzionasse una cucina professionale, visto che non avevo mai lavorato in una vera cucina industriale.
Dopo due o tre anni di gavetta, ho capito che non mi piaceva essere comandato. Non sopportavo che qualcuno mi dicesse come tagliare le patate o preparare i piatti.
Così chiesi a mio padre e a mia madre se potevo aprire qualcosa nel piano inferiore della nostra casa, dove ancora oggi si trova l’osteria.
Non avevo soldi per pagare l’affitto, ma volevo aprire un piccolo ristorante, una trattoria, una gastronomia, insomma qualcosa di semplice. Mio padre mi diede questa possibilità e così nacque l’Osteria Nonna Rosa, dedicata a mia nonna.
È stato grazie al loro supporto che sono riuscito a realizzare questo sogno”.
Qual è stata l’esperienza più formativa della sua carriera?
“Forse la stagione che ho fatto all’Hotel Le Sirenuse di Positano. Lì ho capito davvero cosa significhi rispettare e valorizzare la materia prima”.
Innovazione e tradizione: come possono convivere?
“Penso che il mio ristorante sia un esempio di come tradizione e innovazione possano convivere e portare a grandi risultati.
Da quando è nata l’Osteria Nonna Rosa, e in particolare da quando abbiamo puntato all’alta cucina, ho sempre proposto una cucina tradizionale ma evoluta.
Questo è il cuore della mia filosofia di vita e di lavoro”.
Nel 2007 arriva la prima stella Michelin. Qual è stata l’emozione?
“La stella Michelin non è arrivata per caso, ma è stata fortemente voluta. Dal 1992 al 2004, l’osteria ha attraversato diverse fasi di cambiamento.
Nel 2004 abbiamo deciso di puntare a qualcosa di più grande, investendo molto e facendo sacrifici enormi.
Dopo tre anni, nel 2007, è arrivata la stella.
È stata un’emozione unica e irripetibile, soprattutto per un autodidatta come me, senza grandi maestri o scuole prestigiose alle spalle.
La mia cucina si è sempre basata sulla tradizione della mia famiglia e del territorio, unita a una grande curiosità e alla voglia di evolvere”.
Qual è la tecnica più difficile in cucina?
“Secondo me, rispettare e valorizzare la materia prima è la tecnica più difficile. Quando hai un prodotto di alta qualità, devi essere bravo a trattarlo nel modo giusto per esaltarne il sapore”.
Qual è il piatto napoletano che non deve mai mancare sulla sua tavola?
“Ce ne sono tanti! Ma uno dei miei preferiti è lo spaghetto con il pomodorino del piennolo. Anche uno spaghetto al pomodoro o una puttanesca, se fatti bene, regalano soddisfazioni incredibili”.
Perché secondo lei i giovani di oggi approcciano la cucina in modo diverso?
“Non credo che sia solo colpa della pandemia. Penso che viviamo nell’epoca del benessere.
Quando ho iniziato io, c’era la fame. Non avevo un euro in tasca e non potevo chiedere aiuto a casa. Oggi i ragazzi sono abituati ad avere tutto facilmente e se in cucina gli dici qualcosa di troppo, si lamentano. Manca la fame e la voglia di sacrificarsi”.
Com’è stata l’esperienza su Netflix?
“Unica ed emozionante.
È incredibile pensare che persone da tutto il mondo abbiano lavorato con me per raccontare la mia storia e che milioni di persone l’abbiano vista. È stata una consacrazione incredibile per un cuoco come me, senza un grande curriculum alle spalle”.
Qual è la sua ricetta del cuore?
“È difficile scegliere, ma il piatto iconico dell’osteria è lo spaghettino all’acqua di limone, olio e provolone”.
Crediti fotografici Alessandra Farinelli
Autore
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Anna Calì, classe ’96. Nelle sue vene scorre la lava del Vesuvio e la passione che contraddistingue il popolo napoletano. Giornalista di professione e con la passione dei libri sin da piccola. Adora annusarli e, quando va nelle librerie, si perde tra gli scaffali ad osservare le copertine. Grazie a questa passione è riuscita a mettere in campo due sogni nel cassetto: il primo, recensisce i libri che legge, esperienza che fa bene sia al corpo che alla mente. La seconda: è diventata anche scrittrice e ha pubblicato già due romanzi.
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