Wine Writers: Andrea Petrini, tra coerenza e identità vi racconto il mio mondo del vino  

andrea petrini

Chi sono i più famosi wine writers italiani? Le penne più intriganti, appassionate, raffinate, rivoluzionarie o irriverenti si raccontano in una serie di interviste che svelano curiosità e aneddoti di vita quotidiana.

 

Nato nel 1974 a Roma, Andrea Petrini si è appassionato al mondo del vino fin dal 2008 conseguendo il titolo di sommelier AIS e creando uno dei pionieristici wine blog italiani: Percorsi di Vino.

Dopo il successo come fondatore dell’EnoClub Roma, ha assunto il ruolo di responsabile eventi per Slow Food Roma distinguendosi come degustatore ufficiale e relatore AIS e diventando un membro autorevole del gruppo Garantito Igp. La sua esperienza abbraccia la collaborazione con rinomate riviste del settore tra cui: Food & Wine Italia. Andrea organizza degustazioni ed eventi in tutta Italia, con un focus particolare su Beviamoci Sud Roma, una delle tappe più interessanti nella scena vinicola della capitale.

 

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“Il segreto del successo nella vita è fare della tua vocazione il tuo divertimento.” (Mark Twain)

Dopo numerosi anni come wine writer, pensi di aver scoperto la chiave per avere successo nel mondo del vino? Consideri questa straordinaria passione come una tua vocazione o una casualità fortunata della tua vita?

Innanzitutto ti ringrazio per considerarmi un bravo wine writer, alla stregua di tanti amici già intervistati ma, in questo mondo, mi definirei un “vecchio” wine blogger perché tengo moltissimo al mio piccolo – grande diario enologico digitale, che ormai è on line dal 2007 e tra i primi a parlare di vino e dintorni.

Nel mondo del vino italiano ho sempre privilegiato la coerenza e la chiarezza mantenendo un approccio indipendente. Personalmente ho mai cercato il successo e a questo proposito mi piace sottolineare quanto, soprattutto a livello internazionale, gli italiani del mondo del vino, stranamente, mancano di autorevolezza. In Italia, pur avendo dei validi giornalisti e comunicatori manchiamo di figure come James Suckling o Monica Larner, che influenzano notevolmente i mercati internazionali.

Per quel che mi riguarda il mio obbiettivo è quello di rimanere coerente, comprensibile a tutti e, soprattutto, indipendente. La mia libertà, sebbene a volte scomoda per alcuni, proviene dal fatto che ho un lavoro che mi offre una stabilità economica e quindi scrivo liberamente e onestamente senza cercare di compiacere per ottenere favori da nessuna azienda vinicola. Questa differenza sostanziale tra noi vecchi wine writers e i moderni wine influencer è evidente: io mantengo la mia reputazione online come priorità più che perseguire il successo specialmente considerando che il vino non è la mia occupazione principale.

 

“Si è sapienti quando si beve bene: chi non sa bere, non sa nulla.” (N. Boileau)

Bere bene è un privilegio riservato a pochi? In qualità di esperto quali consigli offriresti a chi si avvicina per la prima volta ad un calice di vino? Cosa pensi della proposta di legge che potrebbe portare la cultura del vino sui banchi di scuola? 

Fortunatamente bere vino in Italia è ancora un atto democratico e abbastanza popolare perché si possono acquistare buone bottiglie senza rovinarsi come capita in altre realtà estere. A meno di acquistare prodotti dozzinali, spesso venduti a meno di tre euro, in un supermercato riusciamo facilmente a trovare vini all’interno di una fascia 7\10 euro di assoluta qualità, specialmente se ci affidiamo alle cantine cooperative altoatesine che offrono vini piacevolissimi, territoriali, a prezzi assolutamente alla portata di tutti.

A chi si avvicina per la prima volta ad un calice di vino dico solo di approcciare il bicchiere con la curiosità e l’entusiasmo di un bambino. Senza preconcetti. Poi se il mondo del vino, come accaduto a me, diventerà un luogo affascinante l’altro consiglio è quello di intraprendere un piccolo corso di avvicinamento per capire, senza spendere troppo, se l’analisi tecnica e l’approccio sommelieristico è un ambito a lui congeniale, affrontando solo in seguito percorsi più impegnativi e qualificanti.

Per quanto riguarda la proposta di legge, più che studio del vino reintrodurrei nelle scuole, obbligatoria, l’educazione civica come avveniva in passato e migliorerei le scuole alberghiere dove sarebbe utilissimo approfondire maggiormente il vino e la sua comunicazione perché troppo spesso il personale di sala che a malapena sa stappare una bottiglia.

 

“La concretezza di un sogno. Come fare il vino solo con l’uva.” (A. Maule)

Trattamenti chimici, pratiche enologiche, chiarificazioni, MCR, bentonite e l’enologo visto come il piccolo chimico. Qual è la tua opinione riguardo all’inchiesta – terremoto di Report sulla sofisticazione del vino? Citando il titolo del libro di Angiolino Maule: si può fare il vino solo con l’uva?

Non vorrei essere tacciato di corporativismo visto che il confine è labile, ma l’inchiesta di Report, che considero una utilissima trasmissione di servizio pubblico, mi ha lasciato abbastanza interdetto perché all’interno dell’inchiesta televisiva, dove comunque sono stati affrontati temi di grande interesse, come ad esempio le truffe sulle DOC e la vinificazione dell’uva da tavola,  sono state dette alcune cose inesatte, tipo che il vino si deacidifica con la bentonite, mentre altri aspetti trattati, a mio giudizio, hanno creato un inutile allarmismo.

Faccio un esempio: si è detto che il disciplinare del Brunello di Montalcino, per la versione annata, può prevedere l’uso di mosto concentrato rettificato (MCR) per addolcire il vino e per aumentare il grado alcolico. Si è fatto passare un procedimento assolutamente legale, e per me ormai anacronistico, visto che oggi il problema a Montalcino è esattamente il contrario, ovvero contenere il grado alcolico, come se tutto ciò, che rimane una possibilità LEGALE, fosse una attività fraudolenta al fine di allarmare il consumatore finale al quale, invece, sono stati taciuti i veri scandali del mondo del vino che Report ha stranamente evitato di affrontare nella sua inchiesta. Perchè Ranucci e la sua squadra non indagano sui motivi per i quali si trovano in commercio bottiglie, anche di DOC blasonate, a meno di due euro?

Qua, se vogliono, potrebbero trovare i veri scandali, non su pratiche enologiche legali, studiate anche all’interno di semplici corsi di sommelier, che probabilmente andrebbero evidenziate in etichetta senza però creare mostri che non esistono.

 

“Fai un cliente, non una vendita” (K. Barchetti).

Nella comunicazione del vino, spesso basata su storia, identità e territorio, gli obiettivi includono la creazione di relazioni di successo, l’offerta di contenuti accattivanti e la fidelizzazione dei clienti. Qual è la tua prospettiva sulle strategie specifiche di web marketing più efficaci per distinguersi e raggiungere il pubblico desiderato? Inoltre, quale consideri essere l’evoluzione o l’upgrade significativo del settore?

Questa domanda implica che si debbano fare dei distinguo importanti tra chi scrive ancora di vino, non importa se su carta stampata oppure on-line, e chi usa i social, spesso giovanissimi, per veicolare una idea di comunicazione enogastronomica. In teoria saremmo figli della stessa mamma, ovvero lavoriamo per convogliare al nostro pubblico informazioni, ma lo facciamo in maniera assolutamente diversa sia in termini strategici, sia negli obiettivi prefissati.

Io, come del resto anche gli altri wine writers già intervistati, siamo un po’ la vecchia scuola ovvero ancora scriviamo su un pezzo di carta, reale o digitale, cercando di approfondire un vino, un territorio o, in generale, un argomento enogastronomico, in non meno di 3\4000 battute. Noi wine writers non siamo per tutti, il nostro pubblico è limitato e, al contempo preparato ed esigente, cosa che non accade per i wine influencer, la nuova tendenza social, che spesso condensano in maniera approssimativa, e non profonda, una comunicazione in 15\30 secondi, il tempo di due storie su Instagram.

Oggi vanno molto di moda perché sono in linea con la comunicazione moderna che è superficiale e veloce. Io, come altri, ho bisogno di spazio e di tempo, così come i miei lettori che continuerò a ringraziare per il tempo che dedicano ai miei articoli che sono destinati a molti ma non a tutti.

 

“Se vuoi conoscere la vera natura di un uomo, devi dargli un grande potere.” (Pittaco)

Se potessi scegliere un superpotere, quale vorresti?

Vorrei avere il potere di trasformarmi nei presidenti delle più importanti associazioni di sommellerie italiane al fine cambiare un po’ il programma di studi snellendo la didattica e rendendo l’analisi del vino meno pomposa e, al tempo stesso, più moderna.

Ad esempio, eviterei finalmente di fare l’autopsia al colore del vino, soprattutto al punteggio che ne deriva, visto che è una attività, che alla fine pesa molto nel giudizio complessivo del vino, anacronistica e fuorviante circa la qualità del vino a meno che, cosa ormai rarissima, il vino abbia dei difetti a livello cromatico.

Al giorno d’oggi, con tanti vini non filtrati, decade anche il concetto di limpidezza come baluardo di un vino sano a cui, visivamente, dare un punteggio di merito. Nella scheda di valutazione del vino darei invece spazio al concetto di etica produttiva, di territorialità, di coerenza e soprattutto di piacevolezza del vino. Toglierei anche la parte della famosa scheda a stella legata all’abbinamento cibo\vino che è assolutamente respingente per chi sa comprende appena la differenza tra vino bianco e rosso.

 

“Una bottiglia di vino contiene più filosofia che tutti i libri del mondo.” (Louis Pasteur)

Qual è la bottiglia con dentro tutta la tua filosofia di vita?

Se dovessi indicare un vino che identifichi il mio modo d’essere sceglierei sicuramente una bella bottiglia di Lambrusco, magari un bel Sorbara, che trovo popolare, piacevole, di morigerata eleganza e, soprattutto, sorprendente per chi ancora non l’ha conosciuto. Caratteristiche, queste, che fanno parte del mio carattere e del mio stile di vita.

 

“Se vuoi qualcosa che non hai mai avuto, devi fare qualcosa che non hai mai fatto.” (Thomas Jefferson)

Hai qualcosa a cui tieni che non hai ancora realizzato?  Quali sono i tuoi desideri per il prossimo futuro?

Da tanto tempo, sia per conto mio che per conto di Slow Food Roma, organizzo nella mia città dei piccoli eventi enogastronomici ma non nascondo, ovviamente con l’aiuto di altri partner, che mi piacerebbe organizzare finalmente nella mia città un grandissimo evento sul cibo e sul vino.

Roma è una città importantissima, anche a livello turistico, ed è scandaloso che nessuno abbia mai pensato ad organizzare nella Capitale un evento enogastronomico di livello mondiale così come accade, ad esempio, in altre realtà come Parigi che da qualche anno sta avendo grande successo con il suo Vinexpo tanto da surclassare, almeno così  mi dicono, ProWine in termini di importanza per il B2B.

Ci stiamo provando in tanti a cercare di organizzare qualcosa, anche il Comune pare stia dalla nostra parte,  ma ancora non si è trovato il bandolo della matassa che, come sappiamo, a Roma pare sempre più intricato rispetto ad altre città.

 

Non tutti sanno che..

La mia passione per il vino è nata nei primi anni 2000 quando, da assoluto nerd informatico, visitai sul web, quasi per sbaglio, il vecchio Forum del Gambero Rosso, allora frequentato da assoluti fuoriclasse del mondo enogastronomico come, ad esempio, Armando Castagno o Gabriele Bonci che, in tempi non sospetti, condividevano sul forum le loro conoscenze con altri appassionati di tutta Italia.

Leggendo i racconti di Armando, ma anche di Giancarlo Marino per la Borgogna, mi innamorai perdutamente di questo mondo tanto da voler frequentare, dopo qualche mese, un primo corso di avvicinamento al vino che al tempo, presso l’enoteca Costantini di Roma, era tenuto da Fabio Turchetti, un altro fuoriclasse del giornalismo enogastronomico, da cui ho imparato tanto e che mi ha dato la spinta per continuare la mia passione.

Andrea Petrini

 

https://percorsidivino.blogspot.com/

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